Il 1 settembre 1939 60 divisioni tedesche invasero
Benito
Il 21 giugno, dopo la firma dell'armistizio franco-tedesco (il 17 giugno), 325.000 soldati italiani ricevettero l'ordine di attaccare le restanti forze francesi oltre le Alpi. Nessuno in Italia sembrò rendersi conto della capitolazione della Francia e l'azione fu giudicata malissimo dall'opinione pubblica internazionale. Franklin Delano Roosevelt arrivò a definire l'azione una «pugnalata alla schiena».
Il 24 giugno venne firmato l'armistizio italo-francese, che sanciva una smilitarizzazione in territorio francese dei
Dopo un esordio da dimenticare, l'obiettivo per Mussolini fu l'attacco alla Grecia, che il dittatore italiano decise di attaccare senza prima avvertire l'alleato tedesco. Al grido di "spezzare le reni alla Grecia" e dopo la promessa delle dimissioni da italiano di Mussolini nel caso le truppe italiane non fossero riuscite nell'impresa, fu lanciato l'attacco il 28 ottobre. Le divisioni italiane si trovarono ben presto in difficoltà davanti ad una resistenza inaspettata, e con un equipaggiamento arretrato ed inadeguato. Hitler si vide quindi costretto a inviare la sua Wehrmacht nei Balcani per risolvere in breve tempo la situazione. La mossa peraltro rimandò di qualche tempo l'invasione della Russia (Operazione Barbarossa), tanto che lo stesso Führer, qualche anno dopo, indicò questa occasione come una delle cause della futura sconfitta tedesca.
A seguito di questa esperienza, Mussolini perse l'iniziativa e continuò ad utilizzare l'esercito italiano come supporto all'alleato tedesco, inviando le sue truppe alpine in Russia.
Dopo che in maggio le ultime unità della Prima Armata italiana si arresero in Tunisia , il 10 luglio 1943 una formidabile forza d'invasione anglo-americana riuscì a sbarcare sulle coste sud della Sicilia. Ogni resistenza, che fu per quanto possibile accanita, si dimostrò vana di fronte alla preponderanza di mezzi alleata. Il re e lo stato maggiore capirono ben presto che ormai era ora di sbarazzarsi di Mussolini, che in soli 2 anni di guerra aveva creato una situazione insostenibile. Il 25 luglio, dopo lunghe pressioni, il Duce si vide costretto a convocare il Gran Consiglio del Fascismo che votando l'ordine del giorno Grandi portò alla destituzione e all'arresto di Mussolini e al ritorno dei poteri militari al re.
Levato di mezzo Mussolini, il governo italiano iniziò a trattare la resa con i comandi Alleati che ormai stavano dilagando in Sicilia. Il 3 settembre a Cassibile (presso Siracusa) Pietro Badoglio firmò segretamente l'armistizio con l'impegno di comunicarlo alla nazione entro 15 giorni, poco prima di un programmato sbarco alleato sulla penisola.
L'8 settembre 1943 avvenne in Italia qualcosa che riempì di vergogna la corona e il governo dell'epoca: gli alleati, dopo aver avvisato Badoglio dell'impossibilità della difesa di Roma, ingiunsero l'obbligo al governo italiano di annunciare l'armistizio entro le 18.30 dello stesso giorno poiché era già stato programmato uno sbarco a Salerno. La paura iniziò ad attanagliare i vertici del paese, che arrivarono addirittura a pensare di fingere una rottura con gli anglo-americani per guadagnare tempo con i Tedeschi. All'ora prestabilita comunque Dwight D. Eisenhower annunciò alla radio l'armistizio, seguito alle 19.42 da Badoglio che concluse il comunicato con l'ambiguo verso: «Ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.». Soprattutto quest'ultima frase, seguita dalla fuga di Badoglio e della monarchia da Roma alle 5 del mattino del 9 settembre, furono gli atti che portarono al caos che seguì quel giorno, dove nessun ordine ufficiale fu impartito, lasciando le unità sparse un po' dovunque per tutto il territorio europeo senza direttive chiare, alla mercé dei Tedeschi che ovviamente non presero per niente bene il voltafaccia degli ex alleati italiani.
Nell'Italia del sud liberata dagli Alleati e formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, ripristinando - per quanto possibile - l'ordinamento pre-fascista. Contemporaneamente Mussolini, liberato dalla prigionia dai tedeschi su ordine di Adolf Hitler, dette vita ad uno stato fantoccio nell'Italia settentrionale. Si trattava della Repubblica Sociale Italiana, fondata a Salò in provincia di Brescia e riconosciuta internazionalmente solo dalla Germania nazista e dall'Impero giapponese.
Per oltre due anni, dal 14 novembre 1943 fino al 25 aprile 1945, la penisola fu quindi divisa in due da una linea di confine non ben definita: una linea che continuò a spostarsi nel sempre più a nord durante il corso del conflitto, fino a che l'esercito tedesco non si ritirò completamente dal suolo italiano.
La Repubblica Sociale Italiana nacque dal Congresso di Verona, dove i vecchi gerarchi del partito fascista si riunirono per ricreare il partito distrutto dopo l'8 settembre. Essenzialmente dal congresso uscirono: un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; un manifesto programmatico che sancì la struttura del nuovo stato; la nascita della Repubblica sociale che prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente e riaffermava l'alleanza con
La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo i principi iniziali del Fascismo repubblicano persi, a detta degli estensori della Carta stessa, durante il ventennio fascista; tra questi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche.
Venne anche costituito un esercito, spesso male armato, composto da reclutati a forza (pena di morte per i renitenti) e da un limitato numero di volontari. Comunque, tranne che in sporadiche occasioni, tali forze armate, in cui i comandi tedeschi non riponevano alcuna fiducia, furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento di resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall' esercito nazista.
La situazione per i tedeschi verteva comunque al peggio.
Tutte le principali città italiane furono abbandonate dai tedeschi davanti all'avanzata anglo-americana ed all'insurrezione generale ordinata dal CLN; i comandi nazisti in Italia decisero di trattare autonomamente la resa per assicurarsi una ritirata sicura verso
Nessun commento:
Posta un commento