martedì 1 aprile 2008
La campagna di Tunisia /1: operazione torch
Nella notte tra il 7 e 8 novembre 1942 ebbe inizio l'Operazione Torch con lo sbarco delle truppe alleate in tre punti strategici dell'Africa settentrionale francese: Casablanca, sulla costa atlantica, fu affidata a un contingente americano di 24.500 uomini comandato dal generale di divisione George Patton e trasportato da una flotta navale di 102 mezzi, 29 dei quali adibiti al trasporto truppe; Orano, sulla costa mediterranea, fu assegnata a 18.500 soldati americani comandati dal generale di divisione Fredendall e scortati da una forza navale inglese; Algeri venne assegnata a una forza da sbarco formata da 9.000 soldati inglesi e altrettanti americani comandati dal generale di divisione americano Ryder. Lo sbarco nella colonia francese avvenne senza particolari difficoltà: il maresciallo Petain, a capo del governo filofascista di Vichy ordinò alle proprie truppe di resistere e di impedire l'approdo delle truppe alleate, mentre De Gaulle, leader esule di France Libre, le esortò ad accoglierle senza opporre resistenza. Fu proprio questa situazione estremamente confusa a permettere al contingente anglo-americano di sbarcare con relativa tranquillità, incappando solo in qualche isolata scaramuccia con singoli reparti. L'iniziativa alleata mandò a gambe all'aria i piani dell'Asse. Dopo la sconfitta in Egitto il feldmaresciallo Rommel dovette affrontare una situazione drammatica: il suo piano originale era quello di organizzare una linea difensiva nella strettoia di El Agheila, nelle vicinanze di Tripoli. Ma lo sbarco in territorio francese lo obbligò a retrocedere le proprie posizioni per non restar intrappolato nella morsa dei due eserciti nemici. In realtà la volontà della "Volpe del Deserto" era quella di abbandonare l'Africa e di riportare i suoi uomini in territorio italiano, dove avrebbe potuto attestarsi su posizioni più facilmente difendibili. Ma fu lo stesso Hitler a costringerlo ad abbandonare l'idea di una "Dunkerque africana" per continuare la difesa di quel fronte che in precedenza tanto aveva snobbato: fu l'ennesimo errore di una campagna che si sarebbe potuta concludere vittoriosamente per le truppe dell'Asse. La ritirata di El Alamein, che nei primi giorni era sembrata doversi trasformare in una rotta desolante, si era invece tramutata nell'ennesima dimostrazione della sapienza tattica del pupillo di Hitler. A onore del vero anche l'atteggiamento timido di Montgomery, ancora abbagliato dalla fama del suo nemico, rese possibile il successo. A difesa del comandante inglese occorre sottolineare come il tempo giocasse a suo favore: le truppe di Eisenhower sarebbero presto giunte a contatto con le avanguardie italo-tedesche, che avrebbero dovuto così fronteggiare una nuova minaccia.
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