mercoledì 9 aprile 2008
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /17: La battaglia di El - Alamein: seconda fase. La sconfitta dell'Asse.
Alla mattina del 4 novembre l’attacco inglese si scatena in tutta la sua violenza: le truppe dell’Asse man mano cedono su tutto il fronte. A Sud il XXI° Corpo d’Armata italiano si disperde, pur contando esempi di resistenza eroica come nel caso della Folgore o del 7° Bersaglieri; al centro l’Ariete e la Littorio si oppongono strenuamente al nemico e vengono annientate. Anche la Trieste viene sopraffatta, così come la 15° Panzerdivision. I resti della 164° Infanteriedivision vengono accerchiati. Finalmente, su insistenza di Kesserling, Hitler concede carta bianca a Rommel; il 6 novembre comincia la ritirata. Chi ha un mezzo di trasporto si allontana, chi è appiedato (come le truppe italiane) viene fatto prigioniero.
Lo scacco subito dalle forze dell’Asse è pesante: 25.000 tra morti e feriti e 30.000 prigionieri. D’altronde la ritirata si può svolgere senza ulteriori difficoltà perché Montgomery non si lascia prendere la mano dall’inseguimento: egli procede metodicamente all’occupazione del territorio che gli viene abbandonato per non incorrerre in uno dei famosi voltafaccia di Rommel di cui erano già rimasti vittime O’Connor e Ritchie, perdendo così la posizione di vantaggio acquisita. Ma stavolta la ritirata di Rommel è più drammatica delle altre volte: le divisioni dell’AfrikaKorps (15° e 21° Panzerdivisionen, 90° Leichtdivision e 164° Infanteriedivision) esistono ancora ma sono ridotte a un terzo degli effettivi; le forze italiane sono praticamente annientate. Rommel è costretto ad abbandonare la Cirenaica e ad arretrare prima sulla posizione di Marsa-Brega, poi su quella Buerat El-Hsun che copre Tripoli, dove sono arrivati nuovi rinforzi italiani, mentre un nuovo fronte si è andato costituendo in Tunisia: l’8 novembre infatti gli Americani sono sbarcati nel Nord Africa francese: è cominciata l’operazione “Torch”.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /16: La battaglia di El - Alamein: prima fase.
Finalmente arriva la data fatidica. Il combattimento inizia alle 9 di sera con un violento fuoco di sbarramento da parte dell’artiglieria. A mezzanotte si mettono in marcia le truppe: le posizioni di avamposto vengono sopraffatte ma bisogna aprire dei varchi nei grandi campi minati. Al mattino però l’operazione non era conclusa; le operazioni alleate a sud e a nord non avevano ottenuto che scarsi ridultati e si preferì ripetere la preparazione d’artiglieria. Il 24 ottobre Rommel, che era in Austria per motivi di salute, appresa la notizia dell’attacco fa ritorno al fronte, dove arriva il 25. Egli si rende subito conto che l’unica soluzione praticabile sarebbe sganciarsi, sottrarsi a questa spaventosa preponderanza nemica contrapponendo la manovra e l’abilità al numero; ma le riserve di carburante sono talmente scarse che bastano appena alle operazioni tattiche indispensabili. Egli deve quindi subire l’iniziativa di Montgomery. Il fronte italo-tedesco è sotto attacco costante ma nonostante tutto gli attacchi nemici sono rintuzzati, sebbene a costo di grandi perdite soprattutto per quanto riguarda i carrarmati. Al 27 di ottobre il fronte regge ancora; a questo punto Montgomery decide di riorganizzare le sue forze per portare un nuovo attacco.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /15: L'ultimo tentativo tedesco di sfondare il fronte inglese: la battaglia di Alam Halfa.
I tedeschi hanno mancato di mettere a segno il colpo decisivo: ora la loro condizione diventa man mano più critica.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /14: Cambio al vertice per gli Inglesi.
Auchinleck prova a più riprese durante il mese di luglio (10, 14, 21, 27) a scacciare Rommel dalle sue posizioni ma non ottiene alcun risultato; l’8° Armata si ritira il 31 luglio a difesa delle sue posizioni in attesa di un attacco visto come ormai imminente. Di fronte a questa serie di insuccessi Auchinleck, nonostante sia riuscito a fermare Rommel, viene sostituito da Alexander il 15 agosto. Anche Ritchie viene sostituito: Churchill designa come suo successore Gott, che però viene ucciso dai tedeschi poco dopo. L’8° Armata passa allora sotto il comando del generale Bernard Montgomery, che decide che dovrà avere una schiacciante superiorità in termini di uomini, carri e artiglieria prima di intraprendere qualsiasi altra azione contro i tedeschi (cosa che in effetti già possedeva in buona misura).
Rommel era conscio del fatto che attendere non avrebbe giovato: col passare del tempo gli inglesi avrebbero finito per accumulare sempre più forze, al contrario di lui, e ogni sua residua speranza di aprirsi la strada verso Alessandria sarebbe del tutto svanita. Inoltre le sue riserve di carburante sono limitatissime, le scorte catturate a Tobruk si stanno esaurendo e le prede belliche prese in quella città (segnatamente i mezzi di trasporto di fabbricazione americana e inglese) sono al limite dell'usura; inoltre sa che un grande convoglio è atteso ad Alessandria per metà settembre. Egli quindi decide di attaccare per forzare le linee inglesi il più presto possibile: la data dell’offensiva è fissata per la fine di agosto.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /13: La fine della battaglia: Rommel viene fermato ad El - Alamein.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /12: La battaglia di El - Gazala.


Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /11: Piani di battaglia.
Le forze dell'Asse sono schierate di fronte all' 8° Armata, con le divisioni di fanteria italiane Sabratha, Trento (XXI° Corpo d’Armata), Brescia e Pavia (X° Corpo d’Armata) dal mare verso l'interno. Queste forze sono numerose ma completamente non motorizzate, quindi praticamente immobili. D’altra parte gli unici rinforzi che Rommel riceve in 4 mesi sono la 15° Brigata Paracadutisti inviatagli dalla Grecia. Le sue forze sono risicate, quindi bisogna aprirsi la strada verso Alessandria prima che gli Inglesi accumulino un numero troppo elevato di truppe da contrapporgli.
Dall’altra parte Auchinleck è pressato dalle continue richieste di attaccare per riconquistare Bengasi ma temporeggia in attesa di completare tutti i preparativi, convinto che i tedeschi non avrebbero osato attaccare trovandosi già in forte inferiorità numerica in uomini e mezzi. Ma Rommel, come si è detto, la pensa diversamente. Il suo piano era relativamente semplice: mentre le fanterie avrebbero attuato degli attacchi diversivi lungo la parte centro-settentrionale del fronte la divisione motorizzata Trieste avrebbe attaccato la parte meridionale dello schieramento mentre l’Ariete avrebbe investito Bir Hakeim; l’AfrikaKorps (15° e 21° Panzerdivisionen, 90° Leichtedivision e 15° Brigata Paracadutisti) avrebbe aggirato il dispositivo Inglese a Sud di Bir Hakeim per accerchiare i difensori.
venerdì 4 aprile 2008
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /10: Rommel al contrattacco.
Con l’entrata in guerra del Giappone molte forze britanniche vengono distolte dal teatro africano per l’estremo Oriente, come il corpo di spedizione australiano e molti convogli di rifornimenti; tutto sommato Auchinleck e Ritchie non se ne preoccupano troppo e proseguono con calma nella riorganizzazione dell’8a Armata: le forze di cui dispone immediatamente nei pressi del fronte sono la 22a brigata corazzata della Guardia, già provata dagli scontri del 29 dicembre; più indietro, nel Gebel Akhdar, la 1a divisione corazzata proveniente dall’Inghilterra che ha rimpiazzato la 7a. La 4a Divisione Indiana è sparpagliata intorno a Bengasi mentre le altre grandi formazioni si stanno radunando nella regione di Tobruk.
Il 21 gennaio 1942 i tedeschi partono al contrattacco: una colonna d’attacco procede sulla via Balbia, l’altra lungo lo uadi el-Faregh per aggirare le forze britanniche. Gli inglesi rifiutano il combattimento e arretrano, perdendo molti automezzi. Il 23 i tedeschi riconquistano Aghedabia. Godwin-Austen ordina una pronta ritirata ma Ritchie non ritenendo l’attacco tedesco un’azione in forze annulla l’ordine. Rommel punta su Msus, e anche se non riesce ad aggirare come sperato la 1a divisione corazzata le infligge una severa sconfitta. Il 29 Bengasi è riconquistata, viene catturata una brigata indiana e molti depositi intatti. Gli Inglesi ripiegano precipitosamente, abbandonano Derna e si attestano vicino ad Ain el-Gazala. Rommel si ferma il 4 febbraio sulla linea Tmimi – El-Mechili per carenza di carburante approfittando quindi per riorganizzare le linee di rifornimento. In 15 giorni la Cirenaica occidentale è riconquistata. Le operazione entrano in una fase statica in cui i due avversari si riorganizzano e rinforzano in vista di un più impegnativo confronto.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /9: La fine dell'operazione "Crusader".
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /8: L'operazione "Crusader" prende il via.
Quella sera stessa Rommel elabora un nuovo piano: bisognava sfruttare con la massima rapidità lo stato di disorganizzazione delle forze inglesi e portare l’attacco in profondità. Egli quindi il 24 intraprende una corsa verso il confine anche per portare aiuto alle guarnigioni di frontiera dell’Asse strette d’assedio. L’operazione si svolse in maniera confusa e più volte i comandi tedeschi rischiarono la cattura a causa della confusione e dell’intersecarsi delle linee di combattimento. Senza contare che alla fine sul piano pratico i risultati di questa manovra furono pressoché nulli: i vari contingenti tedeschi subirono ritardi o furono fermati dai britannici.
Presso Tobruk la situazione volge a favore degli Inglesi: il 26 Ritchie, sottocapo di stato maggiore di Auchinleck, aveva sostituito Cunningham, troppo portato alla difensiva, al comando dell’8° Armata. Lo stesso giorno la divisione neozelandese aveva conquistato Belhamed e Sidi Rezegh, e la 70ª divisione della guarnigione di Tobruk si era impadronita di El Duda, dopo aver sostenuto duri combattimenti contro i Bersaglieri italiani e subito gravi perdite.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /7: Gli Inglesi si preparano al contrattacco.
Anche in campo italo-tedesco c’erano stati in questi mesi dei cambiamenti: innanzitutto il comandante generale italiano era stato ancora sostituito per i continui contrasti con Rommel e al Maresciallo Gariboldi si era sostituito da luglio il Maresciallo Cavallaro. Nuove forze erano giunte in Africa: Rommel era stato raggiunto dalla 15a Panzerdivision, la 5a Divisione Leggera era diventata dal 1° agosto la 21a Panzerdivision. Al settembre 1941 le forze sotto il comando di Rommel erano composte dalle due Panzerdivisionen e dalla 90a Divisione Leggera, oltre a 7 divisioni italiane (5 divisioni di fanteria “Brescia”, “Bologna”, “Savona”, “Pavia” e “Trento”, la motorizzata “Trieste” e la corazzata “Ariete”) schierate dal Gebel alla frontiera passando per l’assedio di Tobruk.
Il piano che Cunningham era andato elaborando prevedeva che il XXX° corpo d'armata di Norrie dovesse attraversare la frontiera nel tratto indifeso a sud di Sidi Omar, in un punto compreso tra questa località e il forte Maddalena, e proseguire poi, nello stesso giorno, verso nordovest, puntando su Gabr Saleh ed impegnando le forze corazzate nemiche. Il corpo d'armata sarebbe cosi venuto a trovarsi in una posizione adatta per proseguire tanto verso nord quanto verso nordest, secondo delle reazioni di Rommel. Nello stesso tempo il XIII° corpo d'armata del generale Godwin Austen avrebbe dovuto contenere le forze nemiche di frontiera tra Sidi Omar e la costa, e cominciare poi ad aggirarlo da sud. Esso avrebbe poi dovuto avanzare verso Tobruch, annientando lungo il cammino ogni forma di resistenza nemica incontrata tra Bardia e la piazzaforte. In merito alla guarnigione di Tobruk, fu deciso che il generale Scobie non avrebbe dovuto tentare alcuna sortita fino a che le Panzerdivisionen non fossero state distrutte o messe in condizioni di non nuocere, il compito di decidere quando quel momento fosse arrivato fu lasciato al generale Norrie. Si convenne inoltre che quando l'operazione fosse scattata la guarnigione sarebbe passata sotto il comando di Norrie, e che gli obiettivi tattici sarebbero stati la cattura dei due rilievi montuosi a El Duda e a Sidi Rezegh, a sudest di Tobruk, la guarnigione si sarebbe occupata della prima, il XXX° corpo d'armata della seconda. Infine la Oasis Force, costituita dal 29° gruppo di brigate indiane di fanteria e dal 6° reggimento sudafricano autoblindo doveva impadronirsi di Gialo, proteggere il campo di atterraggio 125 a nord della località ed effettuare puntate dimostrative verso ovest per dare l'impressione di un'avanzata in quella direzione.
giovedì 3 aprile 2008
Il riassetto amministrativo dell'AOI
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L’Eritrea (corrispondente circa all’omonima regione attuale) con capoluogo Asmara,
In Africa fu creato, a partire dal 1936, anche un apposito organo di polizia denominato Polizia dell’Africa Italiana (PAI). La base di partenza fu la riorganizzazione dei reparti di pubblica sicurezza operanti in Libia al fine di rendere più efficienti le operazioni nelle colonie italiane, compresi quindi anche i territori dell’AOI. Con il decreto n. 1211 firmato dal re il 10 Giugno 1937 veniva emanato il regolamento organico della PAI. I suoi membri erano arruolati tra gli agenti italiani stanziati nelle colonie e tra gli àscari locali; le loro azioni erano coordinate dalle questure presenti nei capoluoghi sopraccitati.
Reparti della PAI furono presenti in appoggio ai reparti dell’esercito durante alcune battaglie sia in Africa che in Italia.
mercoledì 2 aprile 2008
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /6: L'attacco di Rommel.


Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /5: Arriva l'AfrikaKorps.

Sul versante inglese si fa sentire invece il peso dell’intervento in Grecia: le forze migliori sono ricondotte ad Alessandria lasciando a presidio dei territori conquistati truppe di rimpiazzo e un’aliquota dei soldati presenti in Egitto è dirottato sul Continente. Il comando del XIII° Corpo d’Armata è passto dal generale O’Connor al tenente generale Neame, novizio quanto i suoi soldati, e anche questo è un dato da tenere presente. La 6ª divisione australiana che aveva combattuto agl'inizi dell'anno stava per raggiungere la Grecia ed era stata sostituita dalla 9ª divisione australiana, al comando del generale Leslie Morshead. Ma quest'unità aveva sofferto nella riorganizzazione generale: due delle sue brigate erano state inviate in Grecia e le avevano sostituite con due brigate della 7ª divisione australiana, meno ben addestrate, e il suo stato maggiore non era né completo né dotato di molta esperienza. Due brigate furono schierate a est di Bengasi fra El Regima e Tocra; la terza fu mandata a Tobruk, per la semplice ragione che da Bengasi non era più possibile provvedere all'invio dei rifornimenti a causa dei coninui bombardamenti tedeschi e qui incominciò a rimettere in efficienza le vecchie opere difensive costruite dagl'italiani. La 2ª divisione corazzata al comando del maggior generale Gambier Parry era una formazione che non reggeva il confronto con la 7ª divisione corazzata, di cui aveva preso il posto. Una delle sue brigate era distaccata in Grecia e aveva lasciato in Africa Settentrionale soltanto un reggimento dotato di carri armati medi e uno di carri armati leggeri aggregati alla 3ª brigata, entrambi male equipaggiati con macchine già logorate dall'uso. Un secondo reggimento di carri armati medi era stato raffazzonato in tutta fretta e montato su M13 catturati agli italiani, armati con discreti cannoni da 47 mm ma con una scarsa capacità di movimento. Nella migliore delle ipotesi gli inglesi potevano contare su un'ottantina di carri armati eterogenei ma operativi. La situazione non era migliore per la RAF, che aveva risentito anch'essa delle esigenze degli altri fronti. Il 29 marzo Wavell riuscì a mettere insieme un'altra formazione per rimpolpare le forze sparpagliate di Neame. Si trattava della 3ª brigata motorizzata indiana, formata da tre battaglioni automontati ma priva di artiglierie e di cannoni controcarro e che disponeva soltanto di pochi apparati radioriceventi e di un limitato numero di mitragliatrici e fu inviata a El Adem a sud di Tobruch, dove poteva avvalersi della propria mobilità.
L’attività delle forze dell’Asse non passava inosservata ma il generale Wavell giudicò che per il momento non vi erano pericoli: dato il ritmo di sbarco delle truppe tedesche il vero pericolo era previsto per l’autunno. E d’altronde Rommel stesso con le sue forze ancora incomplete ha l’ordine di non impegnarsi in operazioni di vasta portata.
Il colonialismo italiano in Africa /2: le conquiste dello stato fascista
A seguito della completa conquista della Libia (allora ancora divisa in Tripolitania e Cirenaica, unificate in Libia nel 1934), avvenuta alla fine degli anni '20 col Trattato di Losanna, Mussolini manifestò l'intenzione di costituire un Impero per l'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di Qesar, anziché quello di Negus Neghesti).
Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941.
Il colonialismo italiano in Africa /1: le conquiste dello stato liberale
Dopo alcuni tentativi nel corso degli anni '70 dell'Ottocento ad opera di alcune compagnie private, come la Rubattino che tentò l'acquisizione della baia di Assab, fu a partere dagli anni '80 che l'Italia iniziò pubblicamente ed ufficialmente la sua campagna di conquista coloniale in Africa: vi furono almeno tre tentativi ufficiali del governo italiano per l'acquisizione di un porto nel Mar Rosso, il quale potesse fungere da base verso un futuro impero coloniale in Asia o in Africa. Oltre all'acquisto di Assab dalla Rubattino, lo stato italiano cercò di acquistare od occupare il porto di Zeila, a quel tempo controllato dagli egiziani, ma senza esito. Quando gli egiziani dovettero ritirarsi dal Corno d'Africa nel corso del 1884, i diplomatici italiani fecero un accordo con la Gran Bretagna per l'occupazione del porto di Massaua che assieme ad Assab formò i cosiddetti possedimenti italiani nel Mar Rosso (dal 1890 denominati colonia Eritrea).
Per i governi crispini, la città di Massaua diventò il punto di partenza per un progetto che doveva sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa. Agli inizi degli anni '80 questa zona era abitata da popolazioni etiopiche, dancale, somale e oromo autonome o sottoposte formalmente a diversi dominatori: gli egiziani (lungo le coste del Mar Rosso), sultani (Harar, Obbia, Zanzibar i più importanti), emiri o capi tribali. Diverso il caso dell'Etiopia, allora retta dal Negus Neghesti (Re dei Re) Giovanni IV, ma con la presenza di un secondo Negus (Re) nei territori del sud: Menelik.
Attraverso gli studiosi e i commercianti italiani che frequentavano la zona già dagli anni '60, l'Italia cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, dapprima politicamente e in seguito militarmente, all'interno dell'altopiano etiopico. Tra i progetti vi furono l'occupazione della città santa di Harar, l'acquisto di Zeila dai britannici e l'affitto del porto di Chisimaio posto alla foce del Giuba in Somalia. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente, in particolare la presa della città di Harar da parte delle forze etiopiche di Menelik impedì l'esecuzione di un'operazione simile da parte delle forze italiane.
Nel 1889 l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del Console italiano di Aden con i rispettivi Sultani, i protettorati sul sultanato di Obbia e su quello della Migiurtina. Nel 1892 il Sultano di Zanzibar concesse in affitto i porti del Benadir (fra cui Mogadiscio e Brava) alla società commerciale Filonardi. Il Benadir, sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'Omo e per l'assunzione di un protettorato sulla città di Lugh.
A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni in una guerra contro i dervisci Massaua occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di Asmara, sulla base di precedenti ambigui accordi fatti con Menelik il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere Negus Neghesti. Con il trattato che seguì, Menelik accettò la presenza degli italiani sull'altopiano e riconobbe di utilizzare l'Italia come canale di comunicazione di preferenza con i paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento venne interpretato dagli italiani (e tradotto dalla lingua amarica di conseguenza) come l'accettazione di un protettorato e per cinque anni sarà fonte di discordie fra i due paesi. sudanesi, l'esercito italiano in stanza a
La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la campagna d'Africa Orientale che terminò di fatto con la sconfitta di Adua del 1 Marzo 1896. Una delle richieste italiane durante la stesura del Trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale fu quella di ricevere la Somalia Francese e il Somaliland in cambio della rinuncia alla partecipazione nella ripartizione delle colonie tedesche tra le forze dell'Intesa. Fu l'ultimo tentativo dello stato liberale di perseguire la politica di penetrazione nel Corno d'Africa.
All'inizio del XX secolo l'Italia cercò di attuare una nuova strategia per creare un Impero Coloniale si poneva come obiettivo il controllo di una zona di territorio che andasse dal Mare Mediterraneo al Golfo di Guinea. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu strategicamente chiaro durante le trattative per il Trattato di Versailles (1919) e causò frizioni diplomatiche con la Francia. Per realizzare questo progetto, avendo già formale possesso della Libia, il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del Camerun e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla Francia e l'Italia ottenne solamente l' Oltregiuba, oltre a una ridefinizione dei confini tra Libia e Ciad.Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /4: L'operazione "Compass" giunge a termine.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /3: Gli Inglesi attaccano: l'avvio dell'operazione "Compass".
All’alba del 9 dicembre parte l’attacco inglese che ha il nome di “Operazione Compass”: le divisioni inglesi attaccano i campi trincerati italiani che vengono travolti in poche ore. La sera del 12 le uniche forze italiane rimaste in Egitto erano quelle che bloccavano gli immediati accessi di Sollum ed una formazione di una certa forza nelle vicinanze di Sidi Omar. La vittoria inglese era stata rapidissima e di incredibile portata, tanto da superare le stesse aspettative dei comandanti: in quattro giorni di combattimenti gli Inglesi avevano distrutto 4 divisioni italiane (la 4ª divisione camicie nere, la 1ª e la 2ª divisione libica e il raggruppamento Maletti - l'equivalente di una divisione) e provato duramente la 2ª divisione camicie nere e la divisione " Cirene ", facendo oltre 38.000 prigionieri; il tutto perdendo, fra dispersi, morti e feriti, 624 uomini.
Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /2: L'offensiva italiana.
martedì 1 aprile 2008
La campagna di Tunisia /10: la vittoria alleata
stato circondato da ampie trincee e campi minati. Gli Alleati lo chiamarono "Longstop". Il 23 aprile Alexander lanciò all'attacco la 78a Divisione corazzata che, grazie al sostegno dell'artiglieria, riuscì a giungere in cima. L'urto degli Alleati divenne insostenibile: a Mateur attaccarono gli Americani, nella valle del Mejerda e a Enfidaville gli Inglesi mentre a Pont du Fahs i Francesi. Tra il 5 e 6 maggio la situazione precipitò: il solito devastante attacco delle artiglierie si concentrò su un tratto di appena 3 km nella regione del Medjer el Bab, le linee tedesche crollarono e dal varco i carri della V e VI Divisione corazzata invasero l'interno come un fiume in piena. Il 7 maggio fu conquistata Tunisi. Le truppe dell'Asse intanto cedettero sia a ovest che a est della valle del Mejerda. Da Tunisi, la VII Divisione corazzata si gettò all'inseguimento della XV Panzer Division fino a Biserta. A Pont du Fahs anche i Francesi sfondarono, mentre a combattere rimase solo l'VIII Armata sulla costa di Enfidavile. Il grosso delle truppe di von Armin quindi affluì a Capo Bon per organizzare l'ultima difesa. La battaglia iniziò il 9 maggio. Il giorno 11, dopo una spettacolare azione della VI Divisione che riuscì a separare i vari contingenti in molte sacche di resistenza, la battaglia si avviò all'epilogo. I reparti italiani, V e X bersaglieri e il battaglione Befile della San Marco, aggregati alla V Armata tedesca continuarono a combattere fino all'esaurimento della munizioni.Il generale Messe si arrese solamente all'VIII Armata. Se i suoi uomini fossero caduti nelle mani delle truppe francesi il loro destino sarebbe stato segnato. Fu lo stesso Mussolini ad invitare il generale ad arrendersi, con un comunicato telegrafico del 12 maggio che recitava: «Poiché gli scopi della resistenza possono considerarsi raggiunti, lascio V.E. libera accettare onorevole resa. A voi e agli eroici superstiti della Prima Armata rinnovo il mio ammirato vivissimo elogio». Messe fu nominato Maresciallo d'Italia.Alle 12,30 del giorno seguente, dopo aver distrutto tutte le armi pesanti, le ostilità cessarono. Riportiamo quanto scritto nel bollettino di guerra italiano numero 1083 del 13 maggio 1943: «La I armata italiana, cui è toccato l'onore dell'ultima resistenza dell'Asse in terra d'Africa, ha cessato per ordine del Duce il combattimento.». La campagna di Tunisia poteva dirsi conclusa: negli ultimi mesi di guerra su questo fronte le truppe dell'Asse persero circa 300.000 uomini, nonché la possibilità di opporre una valida resistenza allo sbarco alleato in terra di Sicilia.
La campagna di Tunisia /9: ultima resistenza delle truppe italiane
La campagna di Tunisia /8: la resistenza italo-tedesca

La campagna di Tunisia /7: l'asse in scacco
La campagna di Tunisia /6: scontri interni all' assse

VI Divisione corazzata inglese, sostenuta da numerosi contingenti di fanteria e artiglieria statunitensi, fu posizionata a Thala. Il 20 febbraio la X e la XV Panzer Division conquistarono il passo di Kassarine infliggendo alle truppe americane una pesantissima serie di perdite. Oltre 4.000 Americani furono fatti prigionieri, 200 carri e centinaia di mezzi bruciarono illuminando la notte africana, mentre i reparti dell'Asse fecero incetta di ogni genere di razione e armamento. Eisenhower, inferocito dalla sconfitta, sostituì Fridendall con il più energico Patton.Ormai la vittoria era a portata di mano: le truppe americane vacillavano e nelle retrovie si iniziavano a bruciare magazzini e depositi di carburante. Proprio in questa occasione, però, Rommel decise di ritirasi e tornare sulla linea del Mareth, furibondo per l'occasione perduta. Rientrato sulla nuova linea del fronte ricevette la nomina a Comandante del gruppo armate in Africa; nomina che non fece altro che aumentare la confusione nelle linee gerarchiche delle forze dell'Asse. Il nuovo incarico fu però solo una "trappola" per favorire un suo successivo trasferimento in Italia. Contrariamente a quanto auspicato da Kesselring, Rommel decise però di assolvere al suo ruolo nel miglior modo possibile, ovviamente pretendendo l'obbedienza sia di Messe che di von Armin, che in realtà avrebbe voluto prendere ordini solo da Kesselring.
La campagna di Tunisia /5: la controffensiva tedesca
La campagna di Tunisia /4: inizia l'offensiva alleata

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /1: Le forze in campo all'inizio della guerra.

Il governatore della colonia di Libia, comandante del teatro delle operazioni, è il maresciallo Italo Balbo (in seguito alla sua morte, avvenuta il 28 Giugno quando il suo aereo da ricognizione fu abbattuto per errore della contraerea italiana, gli succederà il maresciallo Graziani). Egli ha sotto il proprio comando quasi 250.000 uomini: nove divisioni di fanteria, ciascuna di circa 13.000 uomini, tre divisioni di camicie nere e due divisioni libiche, ciascuna di circa 8.000 uomini, aliquote di truppe suppletive d'armata e di corpo d'armata e varie altre unità libiche e di guardie alla frontiera. Questa vasta forza era divisa, alle dipendenze del comando superiore dell'Africa Settentrionale, in due armate: la 10ª, in Cirenaica, comandato dal generale Berti, composta dal XXI° e XXII° corpo d'armata, ciascuno di due divisioni, e da un "gruppo" di due divisioni libiche; la 5ª armata, in Tripolitania, che raccoglieva il resto delle forze. Lo schieramento era dettato dal rischio di dover sostenere una guerra su due fronti, quello orientale contro gli inglesi e quello occidentale contro i francesi; la rapida capitolazione della Francia farà svanire questo rischio, permettendo di rinforzare la 10ª armata con unità della 5ª. Queste forze così numericamente ingenti, soprattutto se raffrontate alla quantità di truppe che potevano opporre gli Inglesi, erano però drammaticamente carenti: mancavano di un armamento moderno, di un adeguato numero di mezzi di trasporto, di carri armati medi, di artiglieria antiaerea e anticarro, di aviazione. I comandanti italiani erano peraltro del tutto coscienti di questa situazione e rimandorono l’inizio dell’offensiva finché poterono in attesa di nuovi mezzi.
Gli Inglesi dal canto loro potevano schierare forze meglio addestrate ed armate ma numericamente molto ridotte: il generale Wavell, comandante delle forze inglesi del Medio Oriente, poteva contare nella sua gigantesca giurisdizione non più di 86.000 uomini di cui solo 36.000 in Egitto a corto di equipaggiamento, nello specifico la 7ª divisione corazzata, comandata dal maggior generale O'Moore Creagh, che in due delle brigate aveva due reggimenti carri invece di tre, mente la 4ª divisione indiana, comandata dal maggior generale Noel Beresford Peirse era composta di due sole brigate, e il reggimento da ricognizione e i reparti d'artiglieria erano largamente al di sotto della forza organica; infine la divisione neozelandese, comandata dal maggior generale Bernard Freyberg, costituita da una brigata di fanteria, un reggimento di cavalleria meno uno squadrone, un battaglione mitraglieri e un reggimento di artiglieria da campagna. Vi erano inoltre 14 battaglioni di fanteria britannici e due reggimenti di artiglieria. Queste unità andarono a formare la Western Desert Force sotto il comando del Maggior Generale Richard O’Connor, schierata al confine libico per difendere l’Egitto dall’invasione italiana. Fin dall’Agosto del ’40 vengono però inviati rinforzi in materiali.
L'AOI nel conflitto mondiale\2:la controffensiva britannica e la resa
La campagna di Tunisia /3: avvicendamento al vertice
Marocco, irrompe sulla scena un nuovo personaggio che avrà un ruolo fondamentale nello svolgimento delle future azioni, il generale tedesco von Armin. A capo della V Armata corazzata, fu inviato in Africa con l'obiettivo di creare una testa di ponte in Tunisia. Oltre 65.000 uomini giunsero al suo seguito per fronteggiare sia la minaccia proveniente da est, sia quella da ovest. A dicembre, grazie ai rifornimenti dalla Germania e all'arrivo delle truppe in ritirata dalla Tripolitania, le schiere italo-tedesche arrivarono a contare circa 100.000 uomini.Il giorno dopo la caduta di Tripoli dal fronte russo fu richiamato il generale Giovanni Messe, che venne nominato da Mussolini comandante le forze italiane in Tunisia. Tutto ciò aprì però una nuova serie di interrogativi: il generale Messe aveva solo giurisdizione sulle truppe italiane o anche su quelle tedesche? Chi avrebbe comandato in Tunisia? Lo stesso Messe, Rommel oppure Kesselring? Proprio quest'ultimo fu scelto dai comandi italiano e tedesco quale capo delle forze armate dello scacchiere africano, mentre le due armate disponibili furono assegnate a von Armin (V Panzerarmee) e a Messe (I Armata, di ritorno dalla Libia), che ebbe notevoli problemi a farsi accettare dal sempre più intrattabile Rommel.Mussolini, che aveva voluto fortemente Messe a capo della I Armata, invitò il suo generale a resistere in quel lembo di terra per «riprendere l'offensiva nell'estate e riconquistare la Libia». Il nostro comandante, accorto soldato, si rese immediatamente conto dell'entità delle nostre truppe e del loro equipaggiamento: con questi soldati e senza ulteriori rifornimenti sarebbe stato impossibile mantenere le posizioni. Il Duce rispose alle sue proteste con queste parole: «Occorre resistere ad ogni costo, per ritardare l'attacco contro l'Italia, che seguirà fatalmente alla nostra sconfitta in Africa».La I Armata fu quindi schierata lungo la linea del Mareth nel settore più meridionale, dovendo fronteggiare a sud l'VIII Armata inglese e a ovest il II Corpo d'Armata americano. Il quadro delle forze a disposizione del generale Messe era il seguente: quattro divisioni di fanteria italiane (La Spezia, Pistoia, Trieste e Giovani Fascisti), due divisioni corazzate (Centauro e XV Panzer), due divisioni di fanteria tedesche (90a leggera e la 164a). Dopo la disfatta di El Alamein fu ricostituito e tornò in linea anche un battaglione della Folgore composto dai superstiti dell'Egitto. Le sue forze furono suddivise in due Corpi d'Armata: il XX, al comando del generale Orlando, e il XXI, comandato dal generale Berardi.Il settore centrosettentrionale della Tunisia fu invece affidato a von Armin e alla sua V Panzearmee. Il suo schieramento comprendeva: il XXX Corpo d'Armata del generale Sogno, formato dalla Divisione Superga del generale Gelich e dalla 50a Brigata speciale del generale Imperiali; nel settore di Gafsa el Quettar la Divisione corazzata Centauro del generale Calvi di Bergolo; reparti di bersaglieri del Reggimento Lodi e unità di marinai della San Marco incamerati nei reparti tedeschi.Contro queste truppe erano schierate la I Armata britannica del generale Anderson, il XIX Corpo d'Armata francese e il II Corpo d'Armata americano del generale Fredendall.
La campagna di Tunisia /2: la ritirata italo-tedesca
L'Italia fascista /2: l'Italia durante la guerra
Il 1 settembre 1939 60 divisioni tedesche invasero
Benito
Il 21 giugno, dopo la firma dell'armistizio franco-tedesco (il 17 giugno), 325.000 soldati italiani ricevettero l'ordine di attaccare le restanti forze francesi oltre le Alpi. Nessuno in Italia sembrò rendersi conto della capitolazione della Francia e l'azione fu giudicata malissimo dall'opinione pubblica internazionale. Franklin Delano Roosevelt arrivò a definire l'azione una «pugnalata alla schiena».
Il 24 giugno venne firmato l'armistizio italo-francese, che sanciva una smilitarizzazione in territorio francese dei
Dopo un esordio da dimenticare, l'obiettivo per Mussolini fu l'attacco alla Grecia, che il dittatore italiano decise di attaccare senza prima avvertire l'alleato tedesco. Al grido di "spezzare le reni alla Grecia" e dopo la promessa delle dimissioni da italiano di Mussolini nel caso le truppe italiane non fossero riuscite nell'impresa, fu lanciato l'attacco il 28 ottobre. Le divisioni italiane si trovarono ben presto in difficoltà davanti ad una resistenza inaspettata, e con un equipaggiamento arretrato ed inadeguato. Hitler si vide quindi costretto a inviare la sua Wehrmacht nei Balcani per risolvere in breve tempo la situazione. La mossa peraltro rimandò di qualche tempo l'invasione della Russia (Operazione Barbarossa), tanto che lo stesso Führer, qualche anno dopo, indicò questa occasione come una delle cause della futura sconfitta tedesca.
A seguito di questa esperienza, Mussolini perse l'iniziativa e continuò ad utilizzare l'esercito italiano come supporto all'alleato tedesco, inviando le sue truppe alpine in Russia.
Dopo che in maggio le ultime unità della Prima Armata italiana si arresero in Tunisia , il 10 luglio 1943 una formidabile forza d'invasione anglo-americana riuscì a sbarcare sulle coste sud della Sicilia. Ogni resistenza, che fu per quanto possibile accanita, si dimostrò vana di fronte alla preponderanza di mezzi alleata. Il re e lo stato maggiore capirono ben presto che ormai era ora di sbarazzarsi di Mussolini, che in soli 2 anni di guerra aveva creato una situazione insostenibile. Il 25 luglio, dopo lunghe pressioni, il Duce si vide costretto a convocare il Gran Consiglio del Fascismo che votando l'ordine del giorno Grandi portò alla destituzione e all'arresto di Mussolini e al ritorno dei poteri militari al re.
Levato di mezzo Mussolini, il governo italiano iniziò a trattare la resa con i comandi Alleati che ormai stavano dilagando in Sicilia. Il 3 settembre a Cassibile (presso Siracusa) Pietro Badoglio firmò segretamente l'armistizio con l'impegno di comunicarlo alla nazione entro 15 giorni, poco prima di un programmato sbarco alleato sulla penisola.
L'8 settembre 1943 avvenne in Italia qualcosa che riempì di vergogna la corona e il governo dell'epoca: gli alleati, dopo aver avvisato Badoglio dell'impossibilità della difesa di Roma, ingiunsero l'obbligo al governo italiano di annunciare l'armistizio entro le 18.30 dello stesso giorno poiché era già stato programmato uno sbarco a Salerno. La paura iniziò ad attanagliare i vertici del paese, che arrivarono addirittura a pensare di fingere una rottura con gli anglo-americani per guadagnare tempo con i Tedeschi. All'ora prestabilita comunque Dwight D. Eisenhower annunciò alla radio l'armistizio, seguito alle 19.42 da Badoglio che concluse il comunicato con l'ambiguo verso: «Ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.». Soprattutto quest'ultima frase, seguita dalla fuga di Badoglio e della monarchia da Roma alle 5 del mattino del 9 settembre, furono gli atti che portarono al caos che seguì quel giorno, dove nessun ordine ufficiale fu impartito, lasciando le unità sparse un po' dovunque per tutto il territorio europeo senza direttive chiare, alla mercé dei Tedeschi che ovviamente non presero per niente bene il voltafaccia degli ex alleati italiani.
Nell'Italia del sud liberata dagli Alleati e formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, ripristinando - per quanto possibile - l'ordinamento pre-fascista. Contemporaneamente Mussolini, liberato dalla prigionia dai tedeschi su ordine di Adolf Hitler, dette vita ad uno stato fantoccio nell'Italia settentrionale. Si trattava della Repubblica Sociale Italiana, fondata a Salò in provincia di Brescia e riconosciuta internazionalmente solo dalla Germania nazista e dall'Impero giapponese.
Per oltre due anni, dal 14 novembre 1943 fino al 25 aprile 1945, la penisola fu quindi divisa in due da una linea di confine non ben definita: una linea che continuò a spostarsi nel sempre più a nord durante il corso del conflitto, fino a che l'esercito tedesco non si ritirò completamente dal suolo italiano.
La Repubblica Sociale Italiana nacque dal Congresso di Verona, dove i vecchi gerarchi del partito fascista si riunirono per ricreare il partito distrutto dopo l'8 settembre. Essenzialmente dal congresso uscirono: un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; un manifesto programmatico che sancì la struttura del nuovo stato; la nascita della Repubblica sociale che prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente e riaffermava l'alleanza con
La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo i principi iniziali del Fascismo repubblicano persi, a detta degli estensori della Carta stessa, durante il ventennio fascista; tra questi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche.
Venne anche costituito un esercito, spesso male armato, composto da reclutati a forza (pena di morte per i renitenti) e da un limitato numero di volontari. Comunque, tranne che in sporadiche occasioni, tali forze armate, in cui i comandi tedeschi non riponevano alcuna fiducia, furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento di resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall' esercito nazista.
La situazione per i tedeschi verteva comunque al peggio.
Tutte le principali città italiane furono abbandonate dai tedeschi davanti all'avanzata anglo-americana ed all'insurrezione generale ordinata dal CLN; i comandi nazisti in Italia decisero di trattare autonomamente la resa per assicurarsi una ritirata sicura verso