mercoledì 9 aprile 2008

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /17: La battaglia di El - Alamein: seconda fase. La sconfitta dell'Asse.

Le operazioni di spostamento richiedono alcuni giorni e l’attacco inglese può essere ripreso solo il 2 novembre, con una preparazione di artiglieria ancora più intensa accompagnata da bombardamenti aerei. La battaglia infuria per tutta la giornata e i tedeschi riescono ancora a contenere l’avanzata inglese ma ormai le unità sono allo stremo delle forze: alla sera del 2 a Rommel non sono rimasti che 32 carri ancora operativi per far fronte all’attacco di tre divisioni corazzate. Bisognerebbe dare l’ordine di ritirata, ma dinanzi alla richiesta di Rommel Hitler è tassativo: non un passo indietro! Bisogna offrire alle truppe una sola alternativa: vittoria o morte! Gli ordini di ritirata non partono.
Alla mattina del 4 novembre l’attacco inglese si scatena in tutta la sua violenza: le truppe dell’Asse man mano cedono su tutto il fronte. A Sud il XXI° Corpo d’Armata italiano si disperde, pur contando esempi di resistenza eroica come nel caso della Folgore o del 7° Bersaglieri; al centro l’Ariete e la Littorio si oppongono strenuamente al nemico e vengono annientate. Anche la Trieste viene sopraffatta, così come la 15° Panzerdivision. I resti della 164° Infanteriedivision vengono accerchiati. Finalmente, su insistenza di Kesserling, Hitler concede carta bianca a Rommel; il 6 novembre comincia la ritirata. Chi ha un mezzo di trasporto si allontana, chi è appiedato (come le truppe italiane) viene fatto prigioniero.
Lo scacco subito dalle forze dell’Asse è pesante: 25.000 tra morti e feriti e 30.000 prigionieri. D’altronde la ritirata si può svolgere senza ulteriori difficoltà perché Montgomery non si lascia prendere la mano dall’inseguimento: egli procede metodicamente all’occupazione del territorio che gli viene abbandonato per non incorrerre in uno dei famosi voltafaccia di Rommel di cui erano già rimasti vittime O’Connor e Ritchie, perdendo così la posizione di vantaggio acquisita. Ma stavolta la ritirata di Rommel è più drammatica delle altre volte: le divisioni dell’AfrikaKorps (15° e 21° Panzerdivisionen, 90° Leichtdivision e 164° Infanteriedivision) esistono ancora ma sono ridotte a un terzo degli effettivi; le forze italiane sono praticamente annientate. Rommel è costretto ad abbandonare la Cirenaica e ad arretrare prima sulla posizione di Marsa-Brega, poi su quella Buerat El-Hsun che copre Tripoli, dove sono arrivati nuovi rinforzi italiani, mentre un nuovo fronte si è andato costituendo in Tunisia: l’8 novembre infatti gli Americani sono sbarcati nel Nord Africa francese: è cominciata l’operazione “Torch”.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /16: La battaglia di El - Alamein: prima fase.

Nuovi rinforzi arrivano a rimpolpare le linee inglesi: la 51° Divisione di fanteria Highlanders, la Brigata greca, la 2° Divisione neozelandese e la 9° Divisione australiana. Il piano di Montgomery è semplice: per sfondare il fronte tedesco si dovrà dar vita a una classica battaglia d’usura, facendo leva sul fatto che gli inglesi potevano vantare una superiorità di 2 a 1 in fatto di uomini, carri e artiglieria. Le manovre d’ala come si erano viste fino a quel momento non potevano essere attuate data la conformazione del fronte, che si appoggiava ai lati a ostacoli insormontabili (il mare e la depressione di El – Qattara). Bisognava distruggere le formazioni nemiche in un combattimento frontale e poi aprire una breccia che si sarebbe dovuta sfruttare coi consueti metodi della guerra nel deserto. La data d’inizio dipende dalla luna piena; per questo viene fissata al 23 ottobre. Nel frattempo Montgomery confonde le idee del nemico usando contro di lui i suoi stessi trucchi: falsi carri e carri veri camuffati, costruzione a Sud di un finto oleodotto, spostamenti notturni, ecc.
Finalmente arriva la data fatidica. Il combattimento inizia alle 9 di sera con un violento fuoco di sbarramento da parte dell’artiglieria. A mezzanotte si mettono in marcia le truppe: le posizioni di avamposto vengono sopraffatte ma bisogna aprire dei varchi nei grandi campi minati. Al mattino però l’operazione non era conclusa; le operazioni alleate a sud e a nord non avevano ottenuto che scarsi ridultati e si preferì ripetere la preparazione d’artiglieria. Il 24 ottobre Rommel, che era in Austria per motivi di salute, appresa la notizia dell’attacco fa ritorno al fronte, dove arriva il 25. Egli si rende subito conto che l’unica soluzione praticabile sarebbe sganciarsi, sottrarsi a questa spaventosa preponderanza nemica contrapponendo la manovra e l’abilità al numero; ma le riserve di carburante sono talmente scarse che bastano appena alle operazioni tattiche indispensabili. Egli deve quindi subire l’iniziativa di Montgomery. Il fronte italo-tedesco è sotto attacco costante ma nonostante tutto gli attacchi nemici sono rintuzzati, sebbene a costo di grandi perdite soprattutto per quanto riguarda i carrarmati. Al 27 di ottobre il fronte regge ancora; a questo punto Montgomery decide di riorganizzare le sue forze per portare un nuovo attacco.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /15: L'ultimo tentativo tedesco di sfondare il fronte inglese: la battaglia di Alam Halfa.

Il 31 agosto Rommel da il via all’offensiva, ma fin dall’inizio le cose vanno male: i campi minati sono eccessivamente densi e la quantità di terreno percorso è un terzo di quella prevista nel piano originale. Inoltre i tedeschi devono fare i conti per la prima volta con il cielo nettamente in mani nemiche: la Desert Air Force martella senza pietà le formazioni italo-tedesche infliggendo gravi perdite anche nel corpo degli ufficiali superiori. Il piano, una riedizione di quello di Gazala, non trova compimento sia per la tenace resistenza offerta dagli Inglesi sia per la tremenda ristrettezza di carburante che impedisce alle forze corazzate tedesche di effettuare qualsiasi tentativo di aggiramento, portando per forza di cose a tentare attacchi frontali che si rivelano infruttuosi e causano perdite elevate. Il 3 settembre Rommel è costretto a ordinarela ritirata sulle linee di partenza per scarsità di riserve di carburante e munizioni. Montgomery tenta un limitato contrattacco nei confronti degli avversari in ritirata che viene però respinto sanguinosamente e rinuncia a tentare una controffensiva su più vasta scala in attesa dell’importante convoglio in arrivo in Egitto. Il 5 settembre quindi la battaglia di Alam Halfa si conclude con un nulla di fatto.
I tedeschi hanno mancato di mettere a segno il colpo decisivo: ora la loro condizione diventa man mano più critica.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /14: Cambio al vertice per gli Inglesi.

Per i contendenti è arrivato il momento di riorganizzarsi e di accumulare rinforzi per lo sforzo successivo. Rommel decide di attestarsi momentaneamente in difesa della linea raggiunta e oltre a rimpinguare i suoi reparti riceve di rinforzo tutti quei contingenti che erano stati destinati alla conquista di Malta: la 164° Divisione di fanteria tedesca, la divisione di paracadutisti “Folgore”, il 7° e il 9° Reggimento Bersaglieri e la Divisione Corazzata “Littorio” oltre a rinforzi d’artiglieria. Le linee di collegamento continuano ad essere lunghe e insicure e il numero di convogli partiti dall’Italia che riescono a raggiungere l’Africa con i rifornimenti è sempre eccessivamente basso. Gli Inglesi, che non hanno problemi con le linee di rifornimento, continuano a ricevere sempre nuove forze: il XXX° Corpo d’Armata può contare ora anche sulla 9° Divisione australiana, la 5° Divisione Indiana e la 23° Brigata Corazzata mentre il XIII° Corpo è rinforzato dalla 44° Divisione e dalla 10° Divisione Corazzata.
Auchinleck prova a più riprese durante il mese di luglio (10, 14, 21, 27) a scacciare Rommel dalle sue posizioni ma non ottiene alcun risultato; l’8° Armata si ritira il 31 luglio a difesa delle sue posizioni in attesa di un attacco visto come ormai imminente. Di fronte a questa serie di insuccessi Auchinleck, nonostante sia riuscito a fermare Rommel, viene sostituito da Alexander il 15 agosto. Anche Ritchie viene sostituito: Churchill designa come suo successore Gott, che però viene ucciso dai tedeschi poco dopo. L’8° Armata passa allora sotto il comando del generale Bernard Montgomery, che decide che dovrà avere una schiacciante superiorità in termini di uomini, carri e artiglieria prima di intraprendere qualsiasi altra azione contro i tedeschi (cosa che in effetti già possedeva in buona misura).
Rommel era conscio del fatto che attendere non avrebbe giovato: col passare del tempo gli inglesi avrebbero finito per accumulare sempre più forze, al contrario di lui, e ogni sua residua speranza di aprirsi la strada verso Alessandria sarebbe del tutto svanita. Inoltre le sue riserve di carburante sono limitatissime, le scorte catturate a Tobruk si stanno esaurendo e le prede belliche prese in quella città (segnatamente i mezzi di trasporto di fabbricazione americana e inglese) sono al limite dell'usura; inoltre sa che un grande convoglio è atteso ad Alessandria per metà settembre. Egli quindi decide di attaccare per forzare le linee inglesi il più presto possibile: la data dell’offensiva è fissata per la fine di agosto.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /13: La fine della battaglia: Rommel viene fermato ad El - Alamein.


A questo punto Rommel commette un errore: spreca tempo utile nell’assedio di Bir Hakeim, che ormai nell’economia della battaglia è diventato un caposaldo pressoché ininfluente. L’assalto italo-tedesco riprende il 6 e si conclude solo il 10 giugno, quando due terzi dei difensori abbandonano la postazione e riescono a ripiegare nelle linee inglesi. L’11 giugno Rommel si lancia contro le linee inglesi, che tengono la linea che va dal saliente di El Gazala a El Adem passando per Knightsbridge. Il 13 riescono a sfondare quest’ultimo caposaldo riuscendo a penetrare fino ad Acroma e mettendo seriamente a rischio di accerchiamento l’intero XIII° corpo d’armata inglese (1° Divisione Sudafricana e 50° Divisione) che si trovava nei pressi di El-Gazala. La ritirata del XIII° corpo doveva essere effettuata in tempi rapidi se si voleva sfuggire. Dato che Auchinleck voleva evitare ad ogni costo che Tobruk venisse nuovamente assediata, quindi doveva restare una linea di difesa continua che dalla città portasse al confine egiziano, i britannici decisero di ritrarsi verso la frontiera egiziana. La condizione essenziale per tenere questa linea di difesa era che le forze britanniche conservassero el Adem (ad est di Tobruk). Il piano, già elaborato in precedenza, aveva il nome di “Freeborn”. Mentre le forze del XIII° Corpo di Gott si sarebbero ritirate verso la frontiera, le forze residue del XXX° corpo avrebbero coperto Tobruk, con l'aiuto della 10° Divisione Indiana, per il tempo necessario all'evacuazione della base logistica. Alle 7 di mattina del 14 giugno Gott dirama gli ordini per la ritirata delle sue forze. Il 15 le forze dell’Asse riescono a raggiungere la Via Balbia ma la 1° Divisione Sudafricana è già riuscita a passare (anche la 50° si salva facendo un lungo giro da ovest passando poi a sud di Bir Hakeim e raggiungendo infine il confine egiziano). Il 16 anche le forze rimaste a El-Adem vengono evacuate e la linea di fortini che avrebbe dovuto collegare Tobruk all’Egitto salta: Il 17 la piazzaforte è presa d’assedio; il 20 le sue difese vengono prese d’assalto e alla sera stessa la città si arrende. Gli Inglesi sono troppo disorganizzati e indeboliti per tentare un qualsiasi contrattacco: il giorno 21 giugno la 90° Leichtdivision è già a Bardia (sul confine egiziano) ed il giorno successivo Rommel varca il confine con l'Egitto occupando Sidi Barrani, il 29 giugno è preso il campo fortificato di Marsa Matruh. Gli inglesi ripiegano verso El-Alamein, semplice fermata della ferrovia in mezzo al deserto ma ottima posizione strategica: in quel punto infatti il tratto di terra che separa il mare dall’invalicabile depressione di El-Qattara è di soli 60 km. Il 30 giugno Rommel arriva davanti a El-Alamein; il 1° luglio attacca le forze inglesi, ma viene fermato dopo due giorni: come il vinto, anche il vincitore è sfibrato e tremendamente indebolito, incapace di ulteriori sforzi per il momento.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /12: La battaglia di El - Gazala.


L’offensiva tedesca ha inizio il 26 maggio proprio dove gli inglesi se lo aspettano, cioè dove Rommel con una serie di espedienti è riuscito a far credere loro: davanti El Gazala, vicino la costa. La mattina del 27 scatta l’attacco dell’AfrikaKorps che coglie i difensori del tutto alla sprovvista: la 3° brigata indiana è completamente sorpresa, il movimento aggirante riesce appieno respingendo alcuni contrattacchi inglesi; alla sera le avanguardie tedesche sono in vista della Via Balbia. L’unica nota stonata della giornata è il fallito attacco al fortino di Bir Hakeim: doveva cadere nelle prime ore ma resiste tenacemente, mettendo in pericolo le linee di comunicazione dell’ala tedesca. Il 28 la Trieste riesce ad aprirsi un varco nel campo minato fra le posizioni della 150° brigata (50° Divisione) e i francesi di Bir Hakeim, aprendo una pur accidentata nuova via ai rifornimenti. Rommel riesce a respingere alcuni attacchi britannici infliggendo ai nemici pesanti perdite ma resosi conto della criticità della sua posizione è costretto a richiamare le sue unità troppo esposte e il 29 le riorganizza in una testa di ponte fortificata, il cosiddetto Calderone, stabilita a ridosso della linea di sbarramento inglese vicino al varco aperto dalla Trieste; lo svantaggio della posizione è dovuto al fatto che ad Ovest, nel saliente difeso dai tedeschi, permane intatta la 150° brigata britannica. Gli Inglesi a questo punto sono convinti che l’attacco di Rommel si sia arenato e Ritchie elabora un piano per schiacciare Rommel nel Calderone; l’attacco sarebbe potuto partire solo il 4 giugno. Il generale tedesco intanto non perde tempo e il 31 maggio attacca il fortino di El-Ualeb dov’è asserragliata la 150° brigata e in due giorni la costringe alla resa. Il 2 giugno comincia l’assalto a Bir Hakeim, che resiste senza mostrare cenni di cedimento. Il 4 sera parte l’operazione “Aberdeen” che avrebbe dovuto distruggere i tedeschi nel Calderone ma che fallisce miseramente dopo poche ore a fronte di manovre errate e inadatte e alla superiorità tattica dei mezzi tedeschi (i potenti cannoni anticarro da 88 mm e i carrarmati PzKw III e IV) sebbene da qualche tempo gli Inglesi possano schierare anche i nuovi carrarmati americani Grant a fianco dei loro più deboli Matilda, Valentine e Crusader. La controffensiva tedesca fa strage delle forze britanniche; solo il fortino di Knightsbridge dove resiste la 22° brigata Guardie frustra i tentativi di Rommel verso Est.


Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /11: Piani di battaglia.

Gli Inglesi si fortificano: L’8a Armata costruisce una serie di capisaldi (box), ognuno dei quali è difeso da una brigata e protetto sul fronte rivolto verso il nemico da un sistema di campi minati. Il XIII° Corpo d’Armata del generale Gott, che comprende la 1° Divisione Sudafricana, la 50° Divisione di fanteria metropolitana e la 4° divisione indiana, è schierato a Nord del dispositivo difensivo; il XXX° Corpo d’Armata del generale Norrie, che comprende la 1° e la 7° Divisione Corazzata, la 22° Brigata Guardie e la 1° Brigata Francia Libera difende il dettore Sud. I capisaldi si estendevano dalla costa fino a circa 70 km all'interno, al bivio della pista di Bir Hakeim ed erano presidiati, partendo dalla costa, dalla 1° Divisione sudafricana, dalla 50° Divisione ed infine dalla 1° Brigata Francia Libera, che difendeva appunto Bir Hakeim. Le divisioni corazzate britanniche sono schierate dietro ai box della fanteria: la 1° Divisione Corazzata a nord, nei pressi di El-Adem e la 7° Divisione Corazzata a sud, per contrastare eventuali aggiramenti di Bir Hakeim. Più a Sud di Bir Hakeim è schierata la 3° Brigata indiana motorizzata.
Le forze dell'Asse sono schierate di fronte all' 8° Armata, con le divisioni di fanteria italiane Sabratha, Trento (XXI° Corpo d’Armata), Brescia e Pavia (X° Corpo d’Armata) dal mare verso l'interno. Queste forze sono numerose ma completamente non motorizzate, quindi praticamente immobili. D’altra parte gli unici rinforzi che Rommel riceve in 4 mesi sono la 15° Brigata Paracadutisti inviatagli dalla Grecia. Le sue forze sono risicate, quindi bisogna aprirsi la strada verso Alessandria prima che gli Inglesi accumulino un numero troppo elevato di truppe da contrapporgli.
Dall’altra parte Auchinleck è pressato dalle continue richieste di attaccare per riconquistare Bengasi ma temporeggia in attesa di completare tutti i preparativi, convinto che i tedeschi non avrebbero osato attaccare trovandosi già in forte inferiorità numerica in uomini e mezzi. Ma Rommel, come si è detto, la pensa diversamente. Il suo piano era relativamente semplice: mentre le fanterie avrebbero attuato degli attacchi diversivi lungo la parte centro-settentrionale del fronte la divisione motorizzata Trieste avrebbe attaccato la parte meridionale dello schieramento mentre l’Ariete avrebbe investito Bir Hakeim; l’AfrikaKorps (15° e 21° Panzerdivisionen, 90° Leichtedivision e 15° Brigata Paracadutisti) avrebbe aggirato il dispositivo Inglese a Sud di Bir Hakeim per accerchiare i difensori.

venerdì 4 aprile 2008

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /10: Rommel al contrattacco.

La reazione di Rommel è pressoché immediata: il tempo di riorganizzare le proprie forze, rimpinguarle con alcuni rinforzi giunti via mare e poi di nuovo alla controffensiva, approfittando della disorganizzazione delle forze inglesi, le quali non si aspettano una reazione così pronta da parte di un nemico che credono tremendamente indebolito. E in effetti le forze di Rommel non sono molto aumentate: sono arrivati dei rinforzi italiani e alcuni carri e carburante: il Deutsche AfrikaKorps è diventata la Panzerarmee Afrika mentre il vecchio nome ora designa la 15a e 21a divisioni corazzate sotto il comando del generale Crüwell oltre la 90a Divisione Leggera; ma questo non corrisponde a un’incrementata potenza operativa. Rommel non compie un’azione avventata: egli ha notizia dello sparpagliamento delle forze inglesi e decide di approfittarne.
Con l’entrata in guerra del Giappone molte forze britanniche vengono distolte dal teatro africano per l’estremo Oriente, come il corpo di spedizione australiano e molti convogli di rifornimenti; tutto sommato Auchinleck e Ritchie non se ne preoccupano troppo e proseguono con calma nella riorganizzazione dell’8a Armata: le forze di cui dispone immediatamente nei pressi del fronte sono la 22a brigata corazzata della Guardia, già provata dagli scontri del 29 dicembre; più indietro, nel Gebel Akhdar, la 1a divisione corazzata proveniente dall’Inghilterra che ha rimpiazzato la 7a. La 4a Divisione Indiana è sparpagliata intorno a Bengasi mentre le altre grandi formazioni si stanno radunando nella regione di Tobruk.

Il 21 gennaio 1942 i tedeschi partono al contrattacco: una colonna d’attacco procede sulla via Balbia, l’altra lungo lo uadi el-Faregh per aggirare le forze britanniche. Gli inglesi rifiutano il combattimento e arretrano, perdendo molti automezzi. Il 23 i tedeschi riconquistano Aghedabia. Godwin-Austen ordina una pronta ritirata ma Ritchie non ritenendo l’attacco tedesco un’azione in forze annulla l’ordine. Rommel punta su Msus, e anche se non riesce ad aggirare come sperato la 1a divisione corazzata le infligge una severa sconfitta. Il 29 Bengasi è riconquistata, viene catturata una brigata indiana e molti depositi intatti. Gli Inglesi ripiegano precipitosamente, abbandonano Derna e si attestano vicino ad Ain el-Gazala. Rommel si ferma il 4 febbraio sulla linea Tmimi – El-Mechili per carenza di carburante approfittando quindi per riorganizzare le linee di rifornimento. In 15 giorni la Cirenaica occidentale è riconquistata. Le operazione entrano in una fase statica in cui i due avversari si riorganizzano e rinforzano in vista di un più impegnativo confronto.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /9: La fine dell'operazione "Crusader".

Rendendosi conto che le sue scorrerie non avevano indotto gli inglesi ad abbandonare l'idea di liberare Tobruk dall'assedio, la mattina del 28 novembre Rommel sposta nuovamente verso ovest, lungo il Trig Capuzzo e a sud di esso, ambedue le Panzerdivisionen e la divisione " Ariete ". Quella sera gli Inglesi riescono a rompere per un breve tratto l’assedio a Tobruk. Tra il 29 e il 1° dicembre intorno alla città si svolgono combattimenti furiosi; alla fine gli Inglesi sono costretti a ritirarsi per riorganizzare le forze e i tedeschi riescono a chiudere il buco. A questo punto gli Inglesi cominciano ad ammassarsi a Bir El Gobi per sferrare un’offensiva a Nord mentre tutti i tentavi di Rommel di impedire questo concentramento e di ristabilire i contatti con le guarnigioni a oriente vengono vanificati. Alla fine, a causa anche della scarsità delle riserve di carburante e munizioni, Rommel decide che l’unica possibilità di uscire da quella situazione senza subire perdite troppo gravi è la ritirata, che comincia la mattina del 7 dicembre. Il generale tedesco intende ripiegare poco più a Sud-Ovest, su Ain el Gazala dove c’erano linee fortificate preparate in precedenza ma deve andare incontro alle rimostranze dell’alto comando italiano che non vede di buon occhio l’abbandono dell’assedio di Tobruk e la prospettiva di una futura ulteriore ritirata. Intanto il 9 Ritchie riorganizza il proprio comando affidando a Godwin Austen la direzione di tutte le future operazioni per la riconquista della Cirenaica; nello stesso tempo, il comando del XXX corpo d'armata viene trasferito nelle retrovie per occuparsi della completa eliminazione delle guarnigioni tedesche di frontiera. Il 15 Godwin Austen impegna le forze italo-tedesche tentando di aggirarne le posizioni ma l’offensiva viene temporaneamente fermata. L’esercito tedesco, ormai a corto di carburante e munizioni e logorato da un mese di combattimenti, deve necessariamente ritirarsi per evitare l’accerchiamento e la distruzione; nella notte fra il 16 e il 17 comincia quindi la ritirata verso Agedabia e El Agheila, una ritirata che coglie gli Inglesi di sorpresa e ne rende difficoltoso l’inseguimento. Alcuni tentativi da parte di loro di agganciare e aggirare le forze dell’Asse vengono costantemente respinti; fino al 6 gennaio 1942, la storia della campagna, non è che un susseguirsi di sforzi condotti dal XIII° corpo d'armata per isolare il nemico e di repliche da parte di Rommel. Repliche tanto efficaci, che entro quella data Rommel era riuscito a concentrare tutte le sue forze dietro le forti posizioni comprese tra Marsa el Brega e Alem el Mgaad. A oriente intanto resistono ancora due presidi italo-tedeschi: uno a Bardia, della forza di 8.800 uomini tra fanti italiani e truppe tedesche adibite a servizi logistici, comandata dal maggiore generale tedesco Schmitt; l'altro a Sollum Halfaya, formato da 6.300 combattenti tedeschi ed italiani comandato dal generale di brigata De Giorgi. Ambedue i presidi erano a corto di rifornimenti, e soprattutto di acqua, che i convogli marittimi non potevano evidentemente trasportare; entrambi, bloccando le strade provenienti dall'Egitto, contribuivano ad ostacolare l'afflusso dei rifornimenti alle truppe inglesi. Esse dovevano quindi essere eliminate. E il tenente generale Norrie, comandante del XXX° corpo d'armata li costringe alla resa, l’uno il 2 gennaio 1942, l’altro il 17, dopo averli presi d’assalto. A inizio anno le posizioni sono quindi tornate ad essere quelle di un anno prima: la Cirenaica è perduta ancora una volta. Ma stavolta la replica di Rommel non si farà attendere.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /8: L'operazione "Crusader" prende il via.

L’operazione “Crusader” parte il 18 novembre, cogliendo completamente di sorpresa gli avversari che però per i primi due giorni non oppongono alcuna resistenza organizzata, sebbene alcuni reparti difendano le proprie posizioni come la divisione corazzata “Ariete” che in una battaglia tra carri nei pressi di Bir el Gobi distrugge 50 carri armati britannici a fronte della perdita di 34 dei suoi; il fatto è che Rommel è convinto di trovarsi dinanzi a una semplice ricognizione in forze e non ha intenzione di lasciarsi distrarre dai preparativi per l’attacco a Tobruk. Il 20 però comprende definitivamente che gli Inglesi sono impegnati in un’operazione di vasta portata e contrattacca impegnando le forze corazzate britanniche che erano arrivate a Sidi Rezegh, a 15 km dalle forze che assediavano Tobruk. Il 21 e 22 si susseguono scontri intensi e violenti che vedono la partecipazione di varie unità e anche una sortita della guarnigione di Tobruk. Altrove, sul fronte del XIII corpo d'armata, le operazioni proseguono in modo soddisfacente. La 7ª brigata di fanteria indiana occupa gran parte di Sidi Omar con un'azione particolarmente brillante ma nel corso della quale, tenendo conto dei numero di carri armati impegnati, le perdite erano state pesanti; la divisione neozelandese conquista la ridotta Capuzzo, interrompe l'acquedotto proveniente da Bardia e blocca la strada per Tobruk. Alla fine il 23 i Tedeschi riescono a prevalere a Sidi Rezegh costringendo gli Inglesi a ripiegare a Sud; tutti e due i contendenti hanno subito gravi perdite ma se per i Tedeschi queste sono inferiori in valore assoluto risultano in realtà molto più pesanti a causa dell’impossibilità da parte loro di rimpinguare le loro fila, contrariamente a quanto potevano fare in una certa misura gli avversari. Cunningham è preoccupato: se i Tedeschi riuscissero adesso a isolare le truppe ad ovest del confine la strada per l’Egitto sarebbe stata loro aperta. Egli chiede ad Auchinleck di ritirarsi ma questi è fermamente deciso nel voler continuare l’offensiva e ordina al XXX° corpo d’armata di riorganizzarsi e continuare a supportare la divisione neozelandese.
Quella sera stessa Rommel elabora un nuovo piano: bisognava sfruttare con la massima rapidità lo stato di disorganizzazione delle forze inglesi e portare l’attacco in profondità. Egli quindi il 24 intraprende una corsa verso il confine anche per portare aiuto alle guarnigioni di frontiera dell’Asse strette d’assedio. L’operazione si svolse in maniera confusa e più volte i comandi tedeschi rischiarono la cattura a causa della confusione e dell’intersecarsi delle linee di combattimento. Senza contare che alla fine sul piano pratico i risultati di questa manovra furono pressoché nulli: i vari contingenti tedeschi subirono ritardi o furono fermati dai britannici.
Presso Tobruk la situazione volge a favore degli Inglesi: il 26 Ritchie, sottocapo di stato maggiore di Auchinleck, aveva sostituito Cunningham, troppo portato alla difensiva, al comando dell’8° Armata. Lo stesso giorno la divisione neozelandese aveva conquistato Belhamed e Sidi Rezegh, e la 70ª divisione della guarnigione di Tobruk si era impadronita di El Duda, dopo aver sostenuto duri combattimenti contro i Bersaglieri italiani e subito gravi perdite.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /7: Gli Inglesi si preparano al contrattacco.

L’assedio di Tobruk prosegue per diversi mesi. Due volte gli inglesi provano a organizzare delle spedizioni di soccorso, in maggio (“Operazione Brevity”) e giugno (“Operazione Battleaxe”) ma tutte e due le volte vengono battuti e ricacciati indietro. Il 15 luglio il generale Wavell viene rimpiazzato dal generale Auchinleck come comandante in capo delle forze del Commonwealth in Medio Oriente. Costui viene pressato da Londra con continue richieste di sferrare un’offensiva il più presto possibile ma ritenendo di non avere i mezzi sufficienti Auchinleck temporeggia. Alla fine viene fissata una data: il 18 novembre. Per organizzare i preparativi dell’attacco il 9 settembre viene creato il comando dell’8a Armata affidato al generale Cunnigham, la quale grazie ai continui rinforzi che continuavano ad arrivare in Egitto (anche perché perduta la Grecia e conquistata l’AOI una gran parte di rinforzi poteva essere concentrata su quel settore) avrebbe dovuto essere formata da due corpi d'armata (XIII° e XXX°), un gruppo di brigate autonomo (il 29° indiano) e la guarnigione di Tobruk, una divisione sarebbe rimasta di riserva. Il XIII° corpo d'armata, comandato dal tenente generale Godwin Austen, comprendeva la divisione neozelandese, la 4ª divisione indiana e la lª brigata carri (130 carri di vario tipo). Il XXX° corpo d'armata, comandato dal tenente generale Norrie, era invece formato dalla 7ª divisione corazzata, dalla 4ª brigata corazzata, dalla lª divisione sudafricana su due brigate e dalla 22ª brigata Guardie. La guarnigione di Tobruk, al comando del tenente generale Scobie, comprendeva la 70ª divisione, il gruppo di brigate polacche " Carpazi " e la 32ª brigata carri (130 carri di vario tipo). La divisione di riserva era la 2ª sudafricana. Molto rinforzato era anche il comparto aeronautico: la Desert Air Force comprendeva in totale più di 1.000 apparecchi.
Anche in campo italo-tedesco c’erano stati in questi mesi dei cambiamenti: innanzitutto il comandante generale italiano era stato ancora sostituito per i continui contrasti con Rommel e al Maresciallo Gariboldi si era sostituito da luglio il Maresciallo Cavallaro. Nuove forze erano giunte in Africa: Rommel era stato raggiunto dalla 15a Panzerdivision, la 5a Divisione Leggera era diventata dal 1° agosto la 21a Panzerdivision. Al settembre 1941 le forze sotto il comando di Rommel erano composte dalle due Panzerdivisionen e dalla 90a Divisione Leggera, oltre a 7 divisioni italiane (5 divisioni di fanteria “Brescia”, “Bologna”, “Savona”, “Pavia” e “Trento”, la motorizzata “Trieste” e la corazzata “Ariete”) schierate dal Gebel alla frontiera passando per l’assedio di Tobruk.
Il piano che Cunningham era andato elaborando prevedeva che il XXX° corpo d'armata di Norrie dovesse attraversare la frontiera nel tratto indifeso a sud di Sidi Omar, in un punto compreso tra questa località e il forte Maddalena, e proseguire poi, nello stesso giorno, verso nordovest, puntando su Gabr Saleh ed impegnando le forze corazzate nemiche. Il corpo d'armata sarebbe cosi venuto a trovarsi in una posizione adatta per proseguire tanto verso nord quanto verso nordest, secondo delle reazioni di Rommel. Nello stesso tempo il XIII° corpo d'armata del generale Godwin Austen avrebbe dovuto contenere le forze nemiche di frontiera tra Sidi Omar e la costa, e cominciare poi ad aggirarlo da sud. Esso avrebbe poi dovuto avanzare verso Tobruch, annientando lungo il cammino ogni forma di resistenza nemica incontrata tra Bardia e la piazzaforte. In merito alla guarnigione di Tobruk, fu deciso che il generale Scobie non avrebbe dovuto tentare alcuna sortita fino a che le Panzerdivisionen non fossero state distrutte o messe in condizioni di non nuocere, il compito di decidere quando quel momento fosse arrivato fu lasciato al generale Norrie. Si convenne inoltre che quando l'operazione fosse scattata la guarnigione sarebbe passata sotto il comando di Norrie, e che gli obiettivi tattici sarebbero stati la cattura dei due rilievi montuosi a El Duda e a Sidi Rezegh, a sudest di Tobruk, la guarnigione si sarebbe occupata della prima, il XXX° corpo d'armata della seconda. Infine la Oasis Force, costituita dal 29° gruppo di brigate indiane di fanteria e dal 6° reggimento sudafricano autoblindo doveva impadronirsi di Gialo, proteggere il campo di atterraggio 125 a nord della località ed effettuare puntate dimostrative verso ovest per dare l'impressione di un'avanzata in quella direzione.

giovedì 3 aprile 2008

Il riassetto amministrativo dell'AOI


Meno di un mese dopo la solenne dichiarazione della nascita dell’impero (9 Maggio 1936), con un decreto regio datato 1 Giugno 1936, i territori italiani in Africa accorpati nell’AOI venivano suddivisi in cinque governatorati.
L’Eritrea (corrispondente circa all’omonima regione attuale) con capoluogo Asmara, la Somalia (corrispondente all’attuale Somalia, fatta eccezione per la parte inglese) con capoluogo Mogadiscio, l’Harar, la Galla-Sidama e l’Amhara (che rappresentano una buona porzione dell’attuale territorio etiope, con la significativa esclusione della regione di Addis Abeba) con capoluoghi Harar-Jugol, Gimma e Gondar. Discorso a parte va fa fatto per la regione della Scioa con capoluogo Addis Abeba, a sua volta capitale dell’Africa Orientale Italiana. Dopo la brevissima esperienza come Viceré d’Etiopia fatta dal generale Badoglio (Maggio-Giugno 1936) a seguito della presa di Addis Abeba, questi lascia il posto Rodolfo Graziani.
In Africa fu creato, a partire dal 1936,
anche un apposito organo di polizia denominato Polizia dell’Africa Italiana (PAI). La base di partenza fu la riorganizzazione dei reparti di pubblica sicurezza operanti in Libia al fine di rendere più efficienti le operazioni nelle colonie italiane, compresi quindi anche i territori dell’AOI. Con il decreto n. 1211 firmato dal re il 10 Giugno 1937 veniva emanato il regolamento organico della PAI. I suoi membri erano arruolati tra gli agenti italiani stanziati nelle colonie e tra gli àscari locali; le loro azioni erano coordinate dalle questure presenti nei capoluoghi sopraccitati. La PAI svolgeva le mansioni sia di polizia giudiziaria, sia di polizia amministrativa che di polizia politica. Quest’organo era formalmente un corpo civile, militarmente organizzato e inquadrato nelle forze armate, posto alle dirette dipendenze dell’allora ministro dell’Africa Italiana Alessandro Lesiona.
Reparti della PAI furono presenti in appoggio ai reparti dell’esercito durante alcune battaglie sia in Africa che in Italia.


mercoledì 2 aprile 2008

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /6: L'attacco di Rommel.












Il 14 febbraio i carri armati del III battaglione esploratori sbarcano nel porto di Tripoli e il 24 marzo parteciapno alla puntata che Rommel tenta in direzione di El Agheila: la sua intenzione è quella di saggiare le forze inglesi e verificarne la consistenza e la combattività. Persa El Agheila la 2° divisione corazzata inglese si attesta in difesa a Marsa-Brega. I Tedeschi attaccano il 31 e trovandosi inizialmente davanti a una forte resistenza frontale aggirano la posizione simulando di avere molte più forze del relale (camuffando camion da carri armati e facendo sollevare una quantità eccezionale di sabbia per simulare grandi convogli in marcia; espedienti che saranno usati fino alla fine della campagna africana) costringendo gli inglesi ad abbandonare la posizione. Con la conquista di Marsa-Brega Rommel ha compiuto quello che i suoi capi volevano impedirgli di tentare prima della fine di maggio, non solo, ma aveva potuto valutare la qualità e la condotta degli oppositori. Gli inglesi erano evidentemente inclini a ritirarsi, perciò egli poteva sfruttare la propria superiore capacità di movimento per costringerli ad accettare battaglia secondo le condizioni imposte da lui. Il 2 aprile viene presa Agedabia.
A questo punto la prima fase è conclusa e a Rommel si offrivano due alternative per dare inizio alla seconda: in direzione nord si apriva la strada per Bengasi, un centro di rifornimento e di smistamento con le difese della scarpata che ne dominavano le vie di accesso; a nord est vi erano le piste che conducevano a Msus e minacciavano le spalle della scarpata, o a El Mechili via Bir Tengeder e minacciavano le basi di tutta la resistenza inglese nella Cirenaica occidentale, il loro possesso di Tobruk e la porta di accesso all'Egitto. Rommel decide di imboccare tutt'e tre le strade e divide le sue forze in tre colonne: la prima, composta dal gruppo di ricognizione della 5° divisione leggera e dalla divisione “Brescia”, marcia su Bengasi lungo la strada costiera; la seconda, comprendente il 5° reggimento corazzato, attraversa in diagonale il Gebel Akbar; la terza, formata dal grosso della 5° divisione leggera e dalla divisione “Ariete”, circonda il Gebel dal deserto. Contrariamente al parere di Gariboldi (ma avendo avuto carta bianca da Hitler) Rommel prosegue l’offensiva: il 4 aprile Bengasi è presa senza combattere.
Nel frattempo nel campo inglese regna la confusione: Wavell è arrivato da Alessandria il 2 aprile con O’Connor, che intende sostituire a Neame; ma O’Connor capisce che un avvicendamento al vertice coi combattimentia ancora in corso non sarebbe una cosa positiva e si propone solo come consigliere di Neame. Ma i rapidi movimenti delle colonne italo-tedesche hanno disatricolato il dispositivo difensivo e confuso il quadro della battaglia: nessuna resistenza organizzata sulla loro strada e nessuna controffensiva viene ordinata. Gli Inglesi tentano di ripiegare sulla linea Derna – El Mechili con le loro malridotte forze: la 7° divisione australiana che si ritirava da Bengasi ridotta a due brigate, la 2° corazzata che ormai era corazzata solo di nome non avendo quasi più carri armati. A El Mechili c’era anche la 3° brigata indiana motorizzata senza artiglierie né anticarro. Mai il 6 aprile la terza colonna di Rommel si trova già ad El Mechili: gli Inglesi, incalzati e resisi conto del possibile accerchiamento, decidono di forzare la ritirata verso Est. Rommel manda alcuni distaccamenti a tagliare la strada a Est di Derna. Tra il 6 e l’8 cadono prigionieri dei tedeschi i generali O’Connor, Neame e Combe (catturati durante la ritirata), il generale Remington della 3° brigata motorizzata e il generale Gambier-Parry della 2° corazzata. Solo alcuni reparti australiani e resti delle altre formazioni riescono a sfuggire all’accerchiamento e a ritirarsi a Tobruk. Qui gli inglesi disponevano di 36.000 e di una buona piazzaforte per resistere all’avanzata tedesca. Rommel vi giunge il 10 aprile e prova a sferrare due attacchi, l’11 e il 14, che però vengono respinti. Intanto altri reparti tedeschi si spingono fino a Bardia e nei giorni successivi devono fare i conti con le sortite offensive del generale Gott che dal passo di Halfaya, dove si stanno riunendo forze inglesi in marcia dall’Egitto per rinforzare le difese di confine, ripete quei raid di disturbo come già era stato fatto nel 1940. Il 25 aprile però un violento attacco tedesco respinge gli Inglesi sulla linea Buq Buq – Bir Sofafi: in un mese Rommel, partito per un raid, è riuscito a riportare la linea del fronte all’interno del territorio egiziano.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /5: Arriva l'AfrikaKorps.


I tedeschi non erano rimasti estranei alle vicende nordafricane, a cui Hitler guardava con grande preoccupazione: se gli Inglesi fossero riusciti a scacciare gli Italiani dall’Africa la minaccia contro la Penisola sarebbe stata reale e tangibile, con la conseguente perdita di un alleato che godeva di ottime posizioni strategiche. Egli decide quindi di prestare il suo aiuto a Mussolini mediante l’invio di truppe ma pone alcune condizioni: che gli Italiani abbandonino la strategia difensivista e inviino in Africa la loro divisione corazzata “Ariete”, che tutte le forze motorizzate fossero poste sotto il comando di un generale tedesco subordinato in linea di massima al comandante italiano (ma di fatto rispondente al comando tedesco). Mussolini accetta e in più sostituisce Graziani con Gariboldi. Viene quindi inviato in Africa il Deutsche Afrikakorps composto dalla 5a divisione leggera, un reggimento carri e la 15a divisione corazzata. Il comandante sarà il generale Erwin Rommel, il quale già dal 12 febbraio si reca sul luogo delle future operazioni. L'Afrikakorps era numericamente limitato e appoggiato da una forza aerea relativamente ridotta. La 15ª Panzerdivision sarebbe arrivata soltanto alla fine di maggio e la grande unità di base, la 5ª divisione leggera conosciuta più tardi come 21ª Panzerdivision, incominciò a sbarcare in Africa il 14 febbraio e non sarebbe stata completa fino alla metà di aprile, sebbene il suo 5° reggimento corazzato con 105 carri armati medi e 51 leggeri fosse arrivato sul posto l'11 marzo. Le forze italiane di terra assommano a cinque divisioni, che generalmente difettavano di mezzi di trasporto, tra cui la divisione corazzata “Ariete” che aveva in dotazione 60 carri armati leggeri, la cui utilità in combattimento era molto discutibile, e la divisione motorizzata “Trento”. Gli elementi motorizzati delle forze italiane passano sotto il comando diretto di Rommel, che però dipendeva a sua volta dal generale Gariboldi e da questa parte Rommel trovò spesso difficoltà perché il comandante superiore italiano era poco entusiasta del suo piano di tenere Tripoli stabilendo le linee difensive a Sirte e si rivelò sempre molto restio ad adottare una strategia offensiva.
Sul versante inglese si fa sentire invece il peso dell’intervento in Grecia: le forze migliori sono ricondotte ad Alessandria lasciando a presidio dei territori conquistati truppe di rimpiazzo e un’aliquota dei soldati presenti in Egitto è dirottato sul Continente. Il comando del XIII° Corpo d’Armata è passto dal generale O’Connor al tenente generale Neame, novizio quanto i suoi soldati, e anche questo è un dato da tenere presente. La 6ª divisione australiana che aveva combattuto agl'inizi dell'anno stava per raggiungere la Grecia ed era stata sostituita dalla 9ª divisione australiana, al comando del generale Leslie Morshead. Ma quest'unità aveva sofferto nella riorganizzazione generale: due delle sue brigate erano state inviate in Grecia e le avevano sostituite con due brigate della 7ª divisione australiana, meno ben addestrate, e il suo stato maggiore non era né completo né dotato di molta esperienza. Due brigate furono schierate a est di Bengasi fra El Regima e Tocra; la terza fu mandata a Tobruk, per la semplice ragione che da Bengasi non era più possibile provvedere all'invio dei rifornimenti a causa dei coninui bombardamenti tedeschi e qui incominciò a rimettere in efficienza le vecchie opere difensive costruite dagl'italiani. La 2ª divisione corazzata al comando del maggior generale Gambier Parry era una formazione che non reggeva il confronto con la 7ª divisione corazzata, di cui aveva preso il posto. Una delle sue brigate era distaccata in Grecia e aveva lasciato in Africa Settentrionale soltanto un reggimento dotato di carri armati medi e uno di carri armati leggeri aggregati alla 3ª brigata, entrambi male equipaggiati con macchine già logorate dall'uso. Un secondo reggimento di carri armati medi era stato raffazzonato in tutta fretta e montato su M13 catturati agli italiani, armati con discreti cannoni da 47 mm ma con una scarsa capacità di movimento. Nella migliore delle ipotesi gli inglesi potevano contare su un'ottantina di carri armati eterogenei ma operativi. La situazione non era migliore per la RAF, che aveva risentito anch'essa delle esigenze degli altri fronti. Il 29 marzo Wavell riuscì a mettere insieme un'altra formazione per rimpolpare le forze sparpagliate di Neame. Si trattava della 3ª brigata motorizzata indiana, formata da tre battaglioni automontati ma priva di artiglierie e di cannoni controcarro e che disponeva soltanto di pochi apparati radioriceventi e di un limitato numero di mitragliatrici e fu inviata a El Adem a sud di Tobruch, dove poteva avvalersi della propria mobilità.
L’attività delle forze dell’Asse non passava inosservata ma il generale Wavell giudicò che per il momento non vi erano pericoli: dato il ritmo di sbarco delle truppe tedesche il vero pericolo era previsto per l’autunno. E d’altronde Rommel stesso con le sue forze ancora incomplete ha l’ordine di non impegnarsi in operazioni di vasta portata.

Il colonialismo italiano in Africa /2: le conquiste dello stato fascista

Il fascismo cercò di presentarsi in maniera diversa nei confronti dell'Etiopia rispetto allo stato liberale, cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente Haile Selassie. Tale accordo si concretizzò nel 1928. In questa fase la colonia eritrea, sotto l'amministrazione del Governatore Jacopo Gasparini cercò di ottenere un protettorato sullo Yemen e creare una base per un impero coloniale sulla penisola araba, ma Mussolini non volle inimicarsi la Gran Bretagna cercando di attuare un trattato di amicizia con l'amministrazione del reggente e fermò il progetto.

A seguito della completa conquista della Libia (allora ancora divisa in Tripolitania e Cirenaica, unificate in Libia nel 1934), avvenuta alla fine degli anni '20 col Trattato di Losanna, Mussolini manifestò l'intenzione di costituire un Impero per l'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia (con il titolo di Qesar, anziché quello di Negus Neghesti).

Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941.

Il colonialismo italiano in Africa /1: le conquiste dello stato liberale

Dopo alcuni tentativi nel corso degli anni '70 dell'Ottocento ad opera di alcune compagnie private, come la Rubattino che tentò l'acquisizione della baia di Assab, fu a partere dagli anni '80 che l'Italia iniziò pubblicamente ed ufficialmente la sua campagna di conquista coloniale in Africa: vi furono almeno tre tentativi ufficiali del governo italiano per l'acquisizione di un porto nel Mar Rosso, il quale potesse fungere da base verso un futuro impero coloniale in Asia o in Africa. Oltre all'acquisto di Assab dalla Rubattino, lo stato italiano cercò di acquistare od occupare il porto di Zeila, a quel tempo controllato dagli egiziani, ma senza esito. Quando gli egiziani dovettero ritirarsi dal Corno d'Africa nel corso del 1884, i diplomatici italiani fecero un accordo con la Gran Bretagna per l'occupazione del porto di Massaua che assieme ad Assab formò i cosiddetti possedimenti italiani nel Mar Rosso (dal 1890 denominati colonia Eritrea).

Per i governi crispini, la città di Massaua diventò il punto di partenza per un progetto che doveva sfociare nel controllo dell'intero Corno d'Africa. Agli inizi degli anni '80 questa zona era abitata da popolazioni etiopiche, dancale, somale e oromo autonome o sottoposte formalmente a diversi dominatori: gli egiziani (lungo le coste del Mar Rosso), sultani (Harar, Obbia, Zanzibar i più importanti), emiri o capi tribali. Diverso il caso dell'Etiopia, allora retta dal Negus Neghesti (Re dei Re) Giovanni IV, ma con la presenza di un secondo Negus (Re) nei territori del sud: Menelik.

Attraverso gli studiosi e i commercianti italiani che frequentavano la zona già dagli anni '60, l'Italia cercò di dividere i due Negus al fine di penetrare, dapprima politicamente e in seguito militarmente, all'interno dell'altopiano etiopico. Tra i progetti vi furono l'occupazione della città santa di Harar, l'acquisto di Zeila dai britannici e l'affitto del porto di Chisimaio posto alla foce del Giuba in Somalia. Tutti e tre i progetti non si conclusero positivamente, in particolare la presa della città di Harar da parte delle forze etiopiche di Menelik impedì l'esecuzione di un'operazione simile da parte delle forze italiane.

Nel 1889 l'Italia ottenne, tramite un accordo da parte del Console italiano di Aden con i rispettivi Sultani, i protettorati sul sultanato di Obbia e su quello della Migiurtina. Nel 1892 il Sultano di Zanzibar concesse in affitto i porti del Benadir (fra cui Mogadiscio e Brava) alla società commerciale Filonardi. Il Benadir, sebbene gestito da una società privata, fu sfruttato dal Regno d'Italia come base di partenza per delle spedizioni esplorative verso le foci del Giuba e dell'Omo e per l'assunzione di un protettorato sulla città di Lugh.

A seguito della sconfitta e della morte dell'Imperatore Giovanni in una guerra contro i dervisci Massaua occupò una parte dell'altopiano etiopico, compresa la città di Asmara, sulla base di precedenti ambigui accordi fatti con Menelik il quale, con la morte del rivale, era riuscito a farsi riconoscere Negus Neghesti. Con il trattato che seguì, Menelik accettò la presenza degli italiani sull'altopiano e riconobbe di utilizzare l'Italia come canale di comunicazione di preferenza con i paesi europei. Quest'ultimo riconoscimento venne interpretato dagli italiani (e tradotto dalla lingua amarica di conseguenza) come l'accettazione di un protettorato e per cinque anni sarà fonte di discordie fra i due paesi. sudanesi, l'esercito italiano in stanza a

La politica di progressiva conquista dell'Etiopia si concretizzò con la campagna d'Africa Orientale che terminò di fatto con la sconfitta di Adua del 1 Marzo 1896. Una delle richieste italiane durante la stesura del Trattato di Versailles dopo la prima guerra mondiale fu quella di ricevere la Somalia Francese e il Somaliland in cambio della rinuncia alla partecipazione nella ripartizione delle colonie tedesche tra le forze dell'Intesa. Fu l'ultimo tentativo dello stato liberale di perseguire la politica di penetrazione nel Corno d'Africa.

All'inizio del XX secolo l'Italia cercò di attuare una nuova strategia per creare un Impero Coloniale si poneva come obiettivo il controllo di una zona di territorio che andasse dal Mare Mediterraneo al Golfo di Guinea. Il progetto non venne mai esplicitato pubblicamente, ma fu strategicamente chiaro durante le trattative per il Trattato di Versailles (1919) e causò frizioni diplomatiche con la Francia. Per realizzare questo progetto, avendo già formale possesso della Libia, il corpo diplomatico italiano chiese di avere la colonia tedesca del Camerun e cercò di ottenere, come compenso per la partecipazione alla guerra mondiale, il passaggio del Ciad dalla Francia all'Italia. Il progetto fallì quando il Camerun venne assegnato alla Francia e l'Italia ottenne solamente l' Oltregiuba, oltre a una ridefinizione dei confini tra Libia e Ciad.


Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /4: L'operazione "Compass" giunge a termine.


La 4a divisione indiana era stata spostata in Sudan per partecipare all’attacco contro l’Africa Orientale Italiana e avrebbe dovuto essere sostituita dalla 6a divisione australiana che però non era ancora arrivata completamente in Egitto. Nel frattempo continuano le operazioni, che adesso hanno come obbiettivo Bardia: entro il 17 dicembre Sidi Omar e Sollum sono in mano inglese. Da Roma provengono ordini tassativi: Tobruk e Bardia, dove si sono concentrati 45.000 uomini, devono essere tenute a tutti i costi. Il 21 dicembre la 6a divisione australiana giunge a Sollum e il 29 viene dato l’assalto alla piazzaforte di Bardia, che si arrende il 5 gennaio 1941, lasciando nelle mani del nemico centinaia di cannoni e automezzi e 38.000 prigionieri a fronte di 456 uomini persi. A questo punto ci si accinge ad assalire i 30.000 difensori di Tobruk. Lattacco scatta il 21 gennaio e anche qui la vittoria inglese è marcata: 25.000 prigionieri più artiglierie, mezzi e vettovaglie. La battaglia incalza a ritmo serrato: gli italiani si attestano sulla linea Derna – El Mechili ma non si fermano a lungo: il 29 abbandonano Derna, che viene occupata dagli australiani il giorno dopo. L’ordine di Graziani è arretrare in Tripolitania: comincia quindi la ritirata dalla Cirenaica. Anche Bengasi è abbandonata. Gli australiani incalzano gli Italiani in ritirata lungo la linea costiera mentre la 7a divisione corazzata taglia dritto per il Gebel cercando di intercettare le collonne in arretramento. Il contatto avviene il 5 febbraio nei pressi di Bada-Fomm: per due giorni gli Italiani cercano di aprirsi un varco ma presi alle spalle dalla 6a Australiana cedono le armi. Altri 25.000 prigionieri vengono presi portando il totale delle perdite italiane a 150.000 uomini dall’inizio della campagna di contro ad appena 2.000 perdite britanniche. O’Connor vorrebbe proseguire l’avanzata ma ormai i suoi mezzi sono allo stremo: il logorio delle apparecchiature, la stanchezza degli uomini e il raggiunto limite operativo della RAF e della Royal Navy gli impongono dei limiti. Egli tuttavia riesce a raggiungere El Agheila prima di arrestarsi per fare ritorno al Cairo dove avrebbe preso il comando di tutte le forze britaniche in Egitto e non più solo della WDF (che dal 1° gennaio era diventata il XIII° Corpo d’Armata). Gli Italiani si sono attestati nella Sirte. La 10a Armata è distrutta ma stanno per arrivare gli aiuti tedeschi che fino alla fine Mussolini e Badoglio avevano rifiutato.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /3: Gli Inglesi attaccano: l'avvio dell'operazione "Compass".

Il tempo passa e l’Italia non mostra cenni di voler riprendere l’offensiva. Il generale Wavell ordina quindi a O’Connor di attaccare. Le forze italiane nei pressi di Sidi El Barrani sono apparentemente ingenti: in sei campi trincerati (quattro a Nibeiwa, Tummar e in un luogo chiamata Quota 90, tutti a sud della strada costiera, uno a Maktila immediatamente a nord della strada e uno ad est di Sidi el Barrani stesso) sono schierate due divisioni libiche, la 4ª divisione camicie nere e (nel campo Nibeiwa) una formazione in tutto equivalente ad una divisione, nota come raggruppamento Maletti. Di riserva vi era una divisione in altri quattro campi trincerati intorno a Bir Sofafi e Bir el Rabia, a sud ovest di Sidi el Barrani e lungo il margine sud del ciglione. Un'altra divisione si trova a sud della strada costiera, tra Buq Buq e Sidi el Barrani, ed altre due più a ovest, vicino a Sollum, Sidi Omar e Capuzzo, dall'altra parte del passo Halfaya. O'Connor dispone per l'attacco di forze per un totale di circa 30.000 uomini: la 4ª divisione indiana, la 7ª divisione corazzata ed una formazione nota come Selby Force, comprendente tre colonne mobili di fanteria, un reparto di carri armati ed alcuni cannoni da campagna e contraerei leggeri 1.750 uomini in tutto che avevano fatto parte della guarnigione di Marsa Matruh, al comando del generale di brigata A. R. Selby. Due divisioni contro otto.
All’alba del 9 dicembre parte l’attacco inglese che ha il nome di “Operazione Compass”: le divisioni inglesi attaccano i campi trincerati italiani che vengono travolti in poche ore. La sera del 12 le uniche forze italiane rimaste in Egitto erano quelle che bloccavano gli immediati accessi di Sollum ed una formazione di una certa forza nelle vicinanze di Sidi Omar. La vittoria inglese era stata rapidissima e di incredibile portata, tanto da superare le stesse aspettative dei comandanti: in quattro giorni di combattimenti gli Inglesi avevano distrutto 4 divisioni italiane (la 4ª divisione camicie nere, la 1ª e la 2ª divisione libica e il raggruppamento Maletti - l'equivalente di una divisione) e provato duramente la 2ª divisione camicie nere e la divisione " Cirene ", facendo oltre 38.000 prigionieri; il tutto perdendo, fra dispersi, morti e feriti, 624 uomini.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /2: L'offensiva italiana.

Fin dall’inizio della guerra le truppe inglesi del WDF, assai più motorizzate di quelle italiane, si dimostrano attive e compiono numerosi raids nella zona di frontiera, sabotando le difese italiane e catturando prigionieri. Il maresciallo Graziani temporeggia dinanzi alle pressanti richieste di passare all’offensiva, conscio della propria inferiorità materiale, e attende l’arrivo dei nuovi mezzi già richiesti da tempo. Inoltre l’estate sahariana incombe e non è affrontabile un’offensiva in quelle condizioni ambientali, quindi l’attacco, previsto per il 15 luglio, viene alla fine rimandato a discrezione di Graziani. Ben presto però considerazioni di ordine politico tornano a farsi prevalenti: Mussolini non vuole sfigurare dinanzi alle vittorie tedesche e intima di passare all’offensive sul finire di agosto. La 10a Armata si mette in marcia il 13 settembre: obbiettivo dell’attacco è il ciglione di Sollum e in caso le condizioni si fossero dimostrate propizie, la spinta avrebbe dovuto proseguire fino a Sidi el Barrani. Il piano originale prevedeva due direttrici d’attacco: una sulla sinistra dello schieramento che correva lungo la strada litoranea, l’altra sulla destra che doveva attuare un movimento aggirante. Alla fine per l’inadeguatezza dei mezzi questo secondo movimento venne ridimensionato e si scelse semplicemete di fare massa sulla sinistra. Di fronte all’attacco italiano le forze inglesi attuano una difesa temporeggiatrice che consiste nel non impegnarsi mai in scontri campali, opponendo resistenze che ritardano l’avanzata italiana. Il 15 settembre tuttavia, pur se fra alcune difficoltà, viene superato il passo di Halfaya e il 16 l’obbiettivo di Sidi el Barrani è conquistato; l’operazione aveva fatto guadagnare agli italiani una buona base di lancio per ulteriori avanzate ma per risultare redditizio lo sforzo compiuto sarebbe dovuto essere seguito da un nuovo scatto per il quale le truppe non erano pronte. L’offensiva dunque si arresta: gli italiani devono riorganizzare le retrovie e cominciano a trincerarsi. Gli Inglesi intanto riorganizzano le loro forze in vista di una probabile operazione offensiva.

martedì 1 aprile 2008

La campagna di Tunisia /10: la vittoria alleata

Lungo la strada per Tunisi, nella valle del Mejerda, sorge un colle roccioso che era
stato circondato da ampie trincee e campi minati. Gli Alleati lo chiamarono "Longstop". Il 23 aprile Alexander lanciò all'attacco la 78a Divisione corazzata che, grazie al sostegno dell'artiglieria, riuscì a giungere in cima. L'urto degli Alleati divenne insostenibile: a Mateur attaccarono gli Americani, nella valle del Mejerda e a Enfidaville gli Inglesi mentre a Pont du Fahs i Francesi. Tra il 5 e 6 maggio la situazione precipitò: il solito devastante attacco delle artiglierie si concentrò su un tratto di appena 3 km nella regione del Medjer el Bab, le linee tedesche crollarono e dal varco i carri della V e VI Divisione corazzata invasero l'interno come un fiume in piena. Il 7 maggio fu conquistata Tunisi. Le truppe dell'Asse intanto cedettero sia a ovest che a est della valle del Mejerda. Da Tunisi, la VII Divisione corazzata si gettò all'inseguimento della XV Panzer Division fino a Biserta. A Pont du Fahs anche i Francesi sfondarono, mentre a combattere rimase solo l'VIII Armata sulla costa di Enfidavile. Il grosso delle truppe di von Armin quindi affluì a Capo Bon per organizzare l'ultima difesa. La battaglia iniziò il 9 maggio. Il giorno 11, dopo una spettacolare azione della VI Divisione che riuscì a separare i vari contingenti in molte sacche di resistenza, la battaglia si avviò all'epilogo. I reparti italiani, V e X bersaglieri e il battaglione Befile della San Marco, aggregati alla V Armata tedesca continuarono a combattere fino all'esaurimento della munizioni.Il generale Messe si arrese solamente all'VIII Armata. Se i suoi uomini fossero caduti nelle mani delle truppe francesi il loro destino sarebbe stato segnato. Fu lo stesso Mussolini ad invitare il generale ad arrendersi, con un comunicato telegrafico del 12 maggio che recitava: «Poiché gli scopi della resistenza possono considerarsi raggiunti, lascio V.E. libera accettare onorevole resa. A voi e agli eroici superstiti della Prima Armata rinnovo il mio ammirato vivissimo elogio». Messe fu nominato Maresciallo d'Italia.Alle 12,30 del giorno seguente, dopo aver distrutto tutte le armi pesanti, le ostilità cessarono. Riportiamo quanto scritto nel bollettino di guerra italiano numero 1083 del 13 maggio 1943: «La I armata italiana, cui è toccato l'onore dell'ultima resistenza dell'Asse in terra d'Africa, ha cessato per ordine del Duce il combattimento.». La campagna di Tunisia poteva dirsi conclusa: negli ultimi mesi di guerra su questo fronte le truppe dell'Asse persero circa 300.000 uomini, nonché la possibilità di opporre una valida resistenza allo sbarco alleato in terra di Sicilia.

La campagna di Tunisia /9: ultima resistenza delle truppe italiane

Il 20 marzo 1943 prese il via l'Operazione "Pugilist Gallop" con la quale l'VIII Armata inglese di Montgomery avrebbe dovuto attaccare frontalmente le posizioni italo-tedesche lungo lo Uadi Zigazou. Anche in questo caso la resistenza dei difensori fu eroica: l'urto del XXX Corpo d'Armata fu contenuto, tanto da annullare il tentativo di creare una testa di ponte da parte della 50a Divisione. Ancora una volta le fanterie italiane si immolarono per resistere un'ora, un giorno in più. La Trieste e i Giovani Fascisti si dissanguarono ma il nemico non passò, nonostante la sproporzione di mezzi corazzati: 620 a 94. Montgomery era incredulo. Tentò ancora la carta della sorpresa, cioè l'aggiramento dal deserto con la II Divisione neozelandese. Appoggiata dall'VIII brigata carri e dal raggruppamento francese di Leclerc e Koenig poteva contare su 175 carri, ai quali si aggiungevano quelli della I Divisione corazzata inglese. Ma la sorpresa non riuscì. A El-Hamma si concentrarono solo due modeste divisioni corazzate tedesche, la XV e la XXI, appoggiate dalla 164a di fanteria, che riuscirono tuttavia a bloccare le truppe alleate. Il 26 marzo finalmente von Armin decise per il ritiro sulla linea dell'Uadi Akarit, circa 15 km a nord di Gabes, dove molte migliaia di fanti italiani il giorno seguente saranno catturati dalle truppe inglesi. Il 5 aprile iniziò l'attacco alle nuove posizioni.Un massiccio bombardamento precedette la battaglia dell'Akarit: 450 cannoni aprirono il fuoco sulla linea tenuta dalle truppe dell'Asse ormai allo stremo. Contro i 500 carri di Montgomery le lacere divisioni italiane ne poterono opporne soltanto 15. Nonostante la disparità di mezzi la battaglia fu «violentissima e selvaggia». Contrastato un primo attacco della I Armata al prezzo di ingentissime perdite, nelle successive ondate le truppe italo-tedesche non riuscirono a contenere l'impeto degli Alleati. Sei varchi vennero aperti nella linea italiana, tanto che von Armin fu costretto a retrocedere il suo esercito da sud a nord di circa 300 km sulla linea di Enfidaville.Concluso il ripiegamento il 13 aprile le truppe italiane si prepararono, come scrivere Messe, «a combattere la nostra ultima battaglia» . L'ultima difesa fu organizzata tra i colli del Garci e del Takrouna, dove giunsero anche numerosi rinforzi dalla Germania, tra cui la Divisione corazzata Goering. Ma ormai era troppo tardi.Il 19 aprile il rombo dei cannoni annunciò l'inizio dello scontro. L'urto più duro ancora una volta si concentrò nei settori presidiati dalle forze italiane: sul Takrouna si distinsero i reparti della Trieste e i paracadutisti della Folgore, tanto che gli stessi Inglesi, poco propensi ai complimenti verso le forze italiane, lo riconobbero cavallerescamente: «gli Italiani si batterono come i Tedeschi» scriverà lo storico Liddle Hart. Il giorno 20 cadde il caposaldo di Dj Bir tenuto dalle truppe tedesche, che chiamarono i fanti della Trieste in soccorso. L'insuccesso sul Takrouna portò gli Inglesi ad affermare che «l'Italia in questo luogo ha fatto affluire le sue migliori truppe». Il 21 aprile ancora attacchi: la prima ad essere travolta fu la Folgore, poi, verso le 17 fu il turno della Trieste che inviò questo laconico messaggio: «la stazione è assalita da elementi nemici». Si concluse così l'ennesima pagina di resistenza delle truppe italiane spesso sottovalutate e denigrate dall'opinione pubblica e dai vertici militari di molti paesi. Il generale Messe scriverà nelle sue memorie: «Sul Takrouna la lotta è veramente epica; i centri di fuoco sulle falde dell'altura continuano a fulminare i reparti nemici che vengono letteralmente decimati; anche i nostri elementi sono assoggettati al fuoco concentrico nemico e al tiro di cecchinaggio da parte di elementi annidatisi nelle case sulla vetta del cucuzzolo, vero torrione quasi inaccessibile. Contro questi partono all'attacco, col classico slancio dei paracadutisti, le compagnie del battaglione di formazione Folgore. Per tutto il pomeriggio fino a sera e nella notte è una vera caccia di casa in casa, di sasso in sasso; le perdite sono micidiali per entrambi i contendenti».Il 22 si distinsero i reparti Giovani Fascisti e la Divisione Pistoia, che resistettero fino al 1° maggio, quando la prima parte della battaglia di Enfidaville poté dirsi conclusa.

La campagna di Tunisia /8: la resistenza italo-tedesca


Con la partenza dell'ingombrante feldmaresciallo vennero ridefinite le gerarchie. Von Armin fu nominato al comando "Gruppo Armate d'Africa", Messe ottenne il comando effettivo della I Armata e von Vaerst il comando della V Panzerarmee.Dopo aver ordinato un primo ripiegamento sulla linea di Uadi Akarit, von Armin annullò il proprio ordine obbligando la I Armata italo-tedesca a mantenere la posizione sulla linea del Marteh. Le truppe del generale Messe erano schierate dal mare verso l'interno in questa successione: il XX Corpo d'Armata del generale Orlando, composto dalla Divisione Giovani Fascisti comandata dal generale Sozzoni, dalla Divisione Trieste comandata dal generale La Ferla, e dalla 90a Divisione leggera tedesca comandata dal generale Sponeck; il XXI Corpo d'Armata del generale Berardi, costituito dalla Divisone La Spezia comandata dal generale Pizzolato, dalla Divisione Pistoia comandata dal generale Falugi, e dalla 164a Divisione leggera tedesca comandata dal generale Liebestein; chiudeva lo schieramento il Raggruppamento Sahariano comandato dal generale Mannerini.Nel settore di Gafsa infine, era schierata la Divisione corazzata Centauro comandata dal generale Calvi di Bergolo con il 7° Reggimento bersaglieri.Montgomery, in preparazione all'attacco che avrebbe dovuto permettere all'VIII Armata di ricongiungersi con la I Divisione schierava invece: l'VIII Armata, che comprendeva il XXX Corpo d'Armata, il X Corpo d'Armata con la I e la VII Divisione corazzata, il Corpo Neozelandese, l'VIII Brigata corazzata e il Raggruppamento francese di Leclerc; a fronteggiare il settore di Gafsa c'era invece il II Corpo d'Armata americano del generale Patton.Fu proprio in quest'ultimo settore che il 17 marzo le truppe americane attaccarono gli scarsi reggimenti italiani, facendosi forza di una superiorità in uomini di quattro a uno. Patton poteva contare su 88.000 soldati (ben quattro divisioni), contro i circa 800 Tedeschi e 7.850 Italiani della Divisione Centauro. Dopo un inizio promettente, in cui gli Americani riuscirono ad impossessarsi di Gafsa senza alcun combattimento, le truppe italo-tedesche si ritirarono in una zona montagnosa in cui gli attacchi americani sortirono scarsi effetti, tanto che Patton decise di sostituire il comandante della I Divisione corazzata Ward per gli insuccessi ottenuti.

La campagna di Tunisia /7: l'asse in scacco

Il 28 febbraio, dopo il parziale successo dell'Operazione "Brezza di Primavera", Rommel riunì tutti i suoi generali a Uadi Akarit per elaborare un nuovo piano d'attacco contro l'VIII Armata di Montgomery. Cinque ore di discussioni, ripicche, dispetti e proposte in contrasto tra loro resero il clima incandescente. Alla fine si giunse a un compresso, ancora una volta favorito da Kesselring: si sarebbe superata la catena montuosa del Mattata per attaccare in direzione di Medenine. L'Operazione Capri, come fu chiamata, nacque però sotto i peggiori auspici: Ultra aveva già decrittato tutti i piani d'attacco delle forze dell'Asse e Montgomery attendeva ansioso l'attacco che Rommel tanto bramava. Nelle sue memorie per l'ennesima volta si vanterà delle proprie abilità: «mi attaccò all'alba, iniziativa del tutto insensata. Avevo fatto disporre 500 pezzi anticarro da 75.6 mm; disponevo di 400 carri e buone fanterie che tenevano i principali capisaldi, appoggiate da un pesante sbarramento di artiglierie. Rommel deve essere matto». Il generale inglese poteva contare su quattro divisioni di fanteria, 400 carri armati, 350 cannoni e 470 cannoni anticarro. Rommel potè invece contrapporre tre divisioni corazzate (X, XV e XXI), 160 carri armati (meno di quanti ne avrebbe avuti una divisione al completo), 200 cannoni e 10.000 soldati di fanteria.All'alba la "Volpe del deserto" lanciò i suoi carri in azione, ma il tiro incrociato dei pezzi anticarro, i campi minati e la mancata sorpresa ne fecero un facile bersaglio degli Inglesi, obbligandolo a interrompere l'operazione alle 17 e a ritirarsi. Nell'azione perse circa 50 carri e 645 soldati.Nei giorni seguenti, in seguito alle critiche dello stesso Fürher per il suo comportamento in battaglia, Rommel decise di abbandonare l'Africa per «iniziare immediatamente la sua cura». Il 9 marzo lasciava il continente che lo aveva reso celebre, promettendo di tornare nel caso in cui le cose si fossero messe male. La situazione peggiorò ma Rommel non metterà più piede in terra d'Africa.

La campagna di Tunisia /6: scontri interni all' assse


Rommel iniziò a cullare il sogno di una spettacolare azione di tutte le sue forze verso Tebessa per cercare di far retrocedere «il grosso delle truppe alleate dall'Algeria» . La "Volpe del deserto" cercò di forzare il passo di Kassarine per poter finalmente puntare su Tebessa. Fu però von Armin a ostacolare questi piani. Riluttante a imbarcarsi in un'azione di tale portata, decise di ritirare la XXI per timore di sguarnire troppo le sue difese. Rommel era furibondo: contattò il Comando Supremo Italiano, il quale solo la sera del 18 concesse il "via libera" all'operazione con entrambe le divisioni corazzate. L'attacco dovette però essere condotto verso Thale ed El Kef anziché Tebessa. Secondo Rommel questa decisone fu «un incredibile esempio di miopia». La
VI Divisione corazzata inglese, sostenuta da numerosi contingenti di fanteria e artiglieria statunitensi, fu posizionata a Thala. Il 20 febbraio la X e la XV Panzer Division conquistarono il passo di Kassarine infliggendo alle truppe americane una pesantissima serie di perdite. Oltre 4.000 Americani furono fatti prigionieri, 200 carri e centinaia di mezzi bruciarono illuminando la notte africana, mentre i reparti dell'Asse fecero incetta di ogni genere di razione e armamento. Eisenhower, inferocito dalla sconfitta, sostituì Fridendall con il più energico Patton.Ormai la vittoria era a portata di mano: le truppe americane vacillavano e nelle retrovie si iniziavano a bruciare magazzini e depositi di carburante. Proprio in questa occasione, però, Rommel decise di ritirasi e tornare sulla linea del Mareth, furibondo per l'occasione perduta. Rientrato sulla nuova linea del fronte ricevette la nomina a Comandante del gruppo armate in Africa; nomina che non fece altro che aumentare la confusione nelle linee gerarchiche delle forze dell'Asse. Il nuovo incarico fu però solo una "trappola" per favorire un suo successivo trasferimento in Italia. Contrariamente a quanto auspicato da Kesselring, Rommel decise però di assolvere al suo ruolo nel miglior modo possibile, ovviamente pretendendo l'obbedienza sia di Messe che di von Armin, che in realtà avrebbe voluto prendere ordini solo da Kesselring.

La campagna di Tunisia /5: la controffensiva tedesca

Nonostante la linea del Mareth fosse ottimamente difesa sia a sud che a ovest da paludi salate, Rommel si convinse che la soluzione migliore sarebbe stata quella di retrocedere sull'altopiano roccioso dell'Akarit: «in Africa non c'è linea difensiva che non possa essere aggirata sul fianco» spiegò a Messe durante un incontro il 2 febbraio 1943 nel nuovo quartiere generale di Zelten, in Tunisia. Questa idea fu però bocciata dallo Stato maggiore italo-tedesco, che preferì continuare a mantenere le posizioni avanzate del Marhet. In questo nuovo frangente Rommel, seppur malato, riprese vigore e decise di intraprendere una nuova operazione contro le forze americane di Fredendall. L'iniziativa di Rommel creò molti inconvenienti al Comandante il fronte africano, il feldmaresciallo Kesserling. Nei primi giorni di febbraio, grazie all'azione della XXI Panzerdivision, von Armin riuscì a conquistare il Passo di Faid controllato dalle truppe francesi e a ottenere la possibilità di attaccare in maniera massiccia le truppe americane che lo fronteggiavano. Lo stesso Rommel, come abbiamo accennato, avrebbe voluto "dare una lezione" ai nuovi arrivati sfruttando però un piano sostanzialmente differente rispetto a quello del suo rivale. Fu proprio Kesselring a risolvere questa situazione tramite un accordo tra i due contendenti in base al quale: von Armin avrebbe attaccato il 12 febbraio presso Sidi Bou Zid, mentre Rommel, dopo due giorni, si sarebbe concentrato sull'oasi di Gafsa. Al termine del colloquio sarà lo stesso Kesselring a liquidare così la "Volpe del deserto": «Lasciamo a Rommel la sua ultima occasione di gloria prima che se ne vada dall'Africa».Il giorno dell'offensiva von Armin lanciò quindi all'attacco la XXI Panzerdivision rinforzata da un contingente della X. La sorpresa delle truppe americane fu totale. Grazie a un'abile manovra a tenaglia di due contingenti della X Divisione i gruppi di combattimento A e C furono annientati, mettendo fuori uso due battaglioni di carri. Lo stesso Eisenhower corse il rischio di cadere prigioniero in questi scontri. L'obiettivo dell'attacco di Rommel fu invece Gafsa che venne occupata dalla Divisione Centauro senza sparare un colpo, in quanto il nemico aveva abbandonato la posizione prima del loro attacco. Gli Americani e gli Inglesi ormai si trovarono nel panico tanto che Feriana e i campi d'aviazione di Thelepte furono conquistate. Furono bruciati i magazzini di Tebessa e la confusione si impadronì dei singoli reparti.

La campagna di Tunisia /4: inizia l'offensiva alleata


Dopo lo sbarco alleato il primo obiettivo delle truppe anglo-americane, supportate da quelle francesi, fu la conquista dei nodi strategici di Tunisi e Biserta. Avviata dal porto di Bugia, situato tra Algeri e Bona, l'azione fu ben presto ridimensionata sia dalla scarsa collaborazione delle truppe francesi, sia dalla mancanza di coordinamento tra i vari reparti ancora poco esperti. Questa timida offensiva fu sostanzialmente favorita dall'atteggiamento remissivo che il generale Nehring decise di adottare. Ma le vibrate proteste del feldmaresciallo Kesselring portarono all'attacco tedesco del 1 dicembre, sferrato grazie anche ai nuovi carri armati appena giunti dalla Germania. Occorre sottolineare che Hitler decise di inviare in un primo tempo i nuovi Panzer IV armati con un cannone da 75 mm e in seguito un'arma ancora in fase di studio: i carri modello Tigre, dotati di cannone da 88 mm e con un peso di 56 tonnellate. Furono i Tedeschi, quindi, ad assumere l'iniziativa obbligando le inesperte truppe alleate a retrocedere, perdendo sempre più terreno e posizioni. Con l'arrivo di von Armin la situazione per gli Alleati degenerò al punto che (anche a causa del maltempo) l'offensiva prevista da Anderson si impantanò, permettendo alle truppe tedesche di rioccupare, entro il giorno di Natale, le precedenti posizioni e di bloccare la corsa verso Tunisi. L'idea di intrappolare Rommel tra l'VIII Armata inglese e la I Armata di Tunisia fu per il momento abbandonata. All'apparenza la mancata conquista di Tunisi fu una sconfitta, in realtà si rivelerà la più grande vittoria su questo fronte per le truppe anglo-americane: in caso di immediata riuscita dei piani, sia Hitler che Mussolini avrebbero dovuto abbandonare l'Africa e ritirare gran parte degli uomini in Sicilia, rendendo così "quasi impossibile" l'ingresso in Europa. In questo situazione furono invece inviati numerosissimi rinforzi che si troveranno a dover fronteggiare un nemico che con il passare del tempo stava acquisendo esperienza e, soprattutto, consapevolezza della propria schiacciante superiorità tecnica.

Le operazioni militari in Africa Nord - Orientale /1: Le forze in campo all'inizio della guerra.


L’Italia entra in guerra il 10 giugno 1940. Diamo uno sguardo alle forze contrapposte allo scoppio delle ostilità:



Il governatore della colonia di Libia, comandante del teatro delle operazioni, è il maresciallo Italo Balbo (in seguito alla sua morte, avvenuta il 28 Giugno quando il suo aereo da ricognizione fu abbattuto per errore della contraerea italiana, gli succederà il maresciallo Graziani). Egli ha sotto il proprio comando quasi 250.000 uomini: nove divisioni di fanteria, ciascuna di circa 13.000 uomini, tre divisioni di camicie nere e due divisioni libiche, ciascuna di circa 8.000 uomini, aliquote di truppe suppletive d'armata e di corpo d'armata e varie altre unità libiche e di guardie alla frontiera. Questa vasta forza era divisa, alle dipendenze del comando superiore dell'Africa Settentrionale, in due armate: la 10ª, in Cirenaica, comandato dal generale Berti, composta dal XXI° e XXII° corpo d'armata, ciascuno di due divisioni, e da un "gruppo" di due divisioni libiche; la 5ª armata, in Tripolitania, che raccoglieva il resto delle forze. Lo schieramento era dettato dal rischio di dover sostenere una guerra su due fronti, quello orientale contro gli inglesi e quello occidentale contro i francesi; la rapida capitolazione della Francia farà svanire questo rischio, permettendo di rinforzare la 10ª armata con unità della 5ª. Queste forze così numericamente ingenti, soprattutto se raffrontate alla quantità di truppe che potevano opporre gli Inglesi, erano però drammaticamente carenti: mancavano di un armamento moderno, di un adeguato numero di mezzi di trasporto, di carri armati medi, di artiglieria antiaerea e anticarro, di aviazione. I comandanti italiani erano peraltro del tutto coscienti di questa situazione e rimandorono l’inizio dell’offensiva finché poterono in attesa di nuovi mezzi.



Gli Inglesi dal canto loro potevano schierare forze meglio addestrate ed armate ma numericamente molto ridotte: il generale Wavell, comandante delle forze inglesi del Medio Oriente, poteva contare nella sua gigantesca giurisdizione non più di 86.000 uomini di cui solo 36.000 in Egitto a corto di equipaggiamento, nello specifico la 7ª divisione corazzata, comandata dal maggior generale O'Moore Creagh, che in due delle brigate aveva due reggimenti carri invece di tre, mente la 4ª divisione indiana, comandata dal maggior generale Noel Beresford Peirse era composta di due sole brigate, e il reggimento da ricognizione e i reparti d'artiglieria erano largamente al di sotto della forza organica; infine la divisione neozelandese, comandata dal maggior generale Bernard Freyberg, costituita da una brigata di fanteria, un reggimento di cavalleria meno uno squadrone, un battaglione mitraglieri e un reggimento di artiglieria da campagna. Vi erano inoltre 14 battaglioni di fanteria britannici e due reggimenti di artiglieria. Queste unità andarono a formare la Western Desert Force sotto il comando del Maggior Generale Richard O’Connor, schierata al confine libico per difendere l’Egitto dall’invasione italiana. Fin dall’Agosto del ’40 vengono però inviati rinforzi in materiali.






L'AOI nel conflitto mondiale\2:la controffensiva britannica e la resa

La prima colonia ad essere attaccata dagli Inglesi fu la primogenita,cioé l'Eritrea.
Incalzate,le forze italiane si ritirarono da Cassala(15 gennaio 1941)sino ad Agorbat e a Cheren dove si combatté seriamente(3 febbraio-27 marzo).
Caduta Cheren,caddero anche Asmara(1 aprile),Adigrat(3 aprile,Massua(8 aprile)
Nel frattempo l'attacco era stato portato alla Somalia:l'Oltregiuba fu ripreso dalle forze del Commonwealth(22-24 gennaio 1941) e Mogadiscio cadde due giorni dopo.
Con lo sbarco a Berbera(16 marzo 1941) venne la volta dell'Etiopia.Dopo Dessie(6 aprile),il 5 maggio venne presa Addis Abeba:esattamente cinque anni prima era passata in mano italiana con il generale Badoglio.
L'impero era di fatto perso,ma rimanevano a combattere alcuni ridotti trincerati:Amedeo sull'Amba Alagi,Gazzera nel Galla e Sidama,Nasi nel Gondarino.
Caddero in quest'ordine fra aprile e maggio,fra maggio e giugno,e l'ultimo resistette sino al 27 ottobre del 1941.Ma il tricolore era già stato abbassato e il governo passato alla Occupied enemy Territory Administration ,mentre il re etiope Haile Selassie era tornato nella capitale.
Rimasero molti coloni ad Addis Abeba e soprattutto in Eritrea ma la bandiera italiana non sarà più sventolata sul Corno d'Africa.

La campagna di Tunisia /3: avvicendamento al vertice







Nel novembre 1942, dopo la sconfitta di El Alamein e lo sbarco alleato in Algeria e
Marocco, irrompe sulla scena un nuovo personaggio che avrà un ruolo fondamentale nello svolgimento delle future azioni, il generale tedesco von Armin. A capo della V Armata corazzata, fu inviato in Africa con l'obiettivo di creare una testa di ponte in Tunisia. Oltre 65.000 uomini giunsero al suo seguito per fronteggiare sia la minaccia proveniente da est, sia quella da ovest. A dicembre, grazie ai rifornimenti dalla Germania e all'arrivo delle truppe in ritirata dalla Tripolitania, le schiere italo-tedesche arrivarono a contare circa 100.000 uomini.Il giorno dopo la caduta di Tripoli dal fronte russo fu richiamato il generale Giovanni Messe, che venne nominato da Mussolini comandante le forze italiane in Tunisia. Tutto ciò aprì però una nuova serie di interrogativi: il generale Messe aveva solo giurisdizione sulle truppe italiane o anche su quelle tedesche? Chi avrebbe comandato in Tunisia? Lo stesso Messe, Rommel oppure Kesselring? Proprio quest'ultimo fu scelto dai comandi italiano e tedesco quale capo delle forze armate dello scacchiere africano, mentre le due armate disponibili furono assegnate a von Armin (V Panzerarmee) e a Messe (I Armata, di ritorno dalla Libia), che ebbe notevoli problemi a farsi accettare dal sempre più intrattabile Rommel.Mussolini, che aveva voluto fortemente Messe a capo della I Armata, invitò il suo generale a resistere in quel lembo di terra per «riprendere l'offensiva nell'estate e riconquistare la Libia». Il nostro comandante, accorto soldato, si rese immediatamente conto dell'entità delle nostre truppe e del loro equipaggiamento: con questi soldati e senza ulteriori rifornimenti sarebbe stato impossibile mantenere le posizioni. Il Duce rispose alle sue proteste con queste parole: «Occorre resistere ad ogni costo, per ritardare l'attacco contro l'Italia, che seguirà fatalmente alla nostra sconfitta in Africa».La I Armata fu quindi schierata lungo la linea del Mareth nel settore più meridionale, dovendo fronteggiare a sud l'VIII Armata inglese e a ovest il II Corpo d'Armata americano. Il quadro delle forze a disposizione del generale Messe era il seguente: quattro divisioni di fanteria italiane (La Spezia, Pistoia, Trieste e Giovani Fascisti), due divisioni corazzate (Centauro e XV Panzer), due divisioni di fanteria tedesche (90a leggera e la 164a). Dopo la disfatta di El Alamein fu ricostituito e tornò in linea anche un battaglione della Folgore composto dai superstiti dell'Egitto. Le sue forze furono suddivise in due Corpi d'Armata: il XX, al comando del generale Orlando, e il XXI, comandato dal generale Berardi.Il settore centrosettentrionale della Tunisia fu invece affidato a von Armin e alla sua V Panzearmee. Il suo schieramento comprendeva: il XXX Corpo d'Armata del generale Sogno, formato dalla Divisione Superga del generale Gelich e dalla 50a Brigata speciale del generale Imperiali; nel settore di Gafsa el Quettar la Divisione corazzata Centauro del generale Calvi di Bergolo; reparti di bersaglieri del Reggimento Lodi e unità di marinai della San Marco incamerati nei reparti tedeschi.Contro queste truppe erano schierate la I Armata britannica del generale Anderson, il XIX Corpo d'Armata francese e il II Corpo d'Armata americano del generale Fredendall.

La campagna di Tunisia /2: la ritirata italo-tedesca

Il 24 Novembre Rommel giunse ad El Agheila, dove erano in fase di formazione alcune divisioni italiane che si unirono al ripiegamento: la Divisione La Spezia, la corazzata Centauro e la Divisone Giovani Fascisti. Furono giorni di inseguimenti, di coraggio e ancora di morti: con una manciata di carri le nostre truppe riuscirono a mantenere il titubante nemico a distanza e a rompere l'accerchiamento di una divisione neozelandese. Nei due me si che seguirono l'VIII Armata cercò di fermare il suo nemico per eccellenza ma sempre con scarsi risultati: Tripoli cadde solo il 23 gennaio, abbandonata da Rommel per mancanza di mezzi e conquistata da un Montgomery ormai ridotto al limite delle proprie risorse. Nelle proprie memorie scrisse: «Sapevo benissimo che se non fossimo riusciti a raggiungere Tripoli entro dieci giorni mi sarei dovuto ritirare per mancanza di rifornimenti». Occorre tener presente che Ultra (il decodificatore che consentiva agli inglesi di "leggere" tutti i messaggi cifrati che i tedeschi si scambiavano) lo teneva costantemente informato di tutte le mosse del nemico, quindi era perfettamente a conoscenza del fatto che Rommel avrebbe abbandonato la città senza porre alcuna resistenza. Dopo la "conquista" di Tripoli anche per l'VIII Armata si palesò l'annoso problema dei rifornimenti: il porto di Alessandria era ormai troppo distante, ma, grazie all'abilità dei suoi genieri, Montgomery riuscì a riparare in tempi brevissimi il porto di Bengasi avendo così la possibilità di ricevere quotidianamente 3.000 tonnellate di materiali. Dopo la definitiva caduta della Libia, le truppe di Rommel si ritirarono in Tunisia schierandosi lungo la linea del Marhet, costruita dall'esercito francese tra il 1936 e il 1940 con una funzione difensiva nei confronti della Libia italiana. Smantellata nel giugno del 1940 dagli Italiani, questa "piccola Maginot" fu quindi rimessa in servizio quando fu chiaro che l'ultima disperata difesa dell'Africa occidentale si sarebbe concentrata in Tunisia.

L'Italia fascista /2: l'Italia durante la guerra

Il 1 settembre 1939 60 divisioni tedesche invasero la Polonia dando il via alla seconda guerra mondiale. Rapidamente l'esercito germanico riuscì a conquistare Varsavia per poi spostare le sue attenzioni prima al nord, occupando Danimarca e Norvegia; rivolse poi le sue forze ad ovest avanzando contro i Paesi Bassi e, attraverso il Belgio, contro la Francia.
Benito
Mussolini rimase in attesa degli eventi e inizialmente dichiarò l'Italia non belligerante. Quando, impressionato dalle facili e rapide vittorie della Germania e dall'imminente crollo della Francia, si convinse di una vittoria nazi-fascista e già con la testa al momento della spartizione del "bottino-Europa" dichiarò guerra alle "demo-plutocrazie" di Francia e Inghilterra il 10 giugno 1940. La consegna a quasi tutti i comandi era di mantenere un contegno difensivo. Il Duce era infatti convinto che, una volta arresasi la Francia, anche la Gran Bretagna avrebbe rapidamente trovato una soluzione di compromesso al conflitto.
Il 21 giugno, dopo la firma dell'armistizio franco-tedesco (il 17 giugno), 325.000 soldati italiani ricevettero l'ordine di attaccare le restanti forze francesi oltre le Alpi. Nessuno in Italia sembrò rendersi conto della capitolazione della Francia e l'azione fu giudicata malissimo dall'opinione pubblica internazionale. Franklin Delano Roosevelt arrivò a definire l'azione una «pugnalata alla schiena».
Il 24 giugno venne firmato l'armistizio italo-francese, che sanciva una smilitarizzazione in territorio francese dei 50 km vicini al confine. Le divisioni italiane avanzarono di soli 2 km, con la perdita di 6.029 uomini contro i 254 francesi.
Dopo un esordio da dimenticare, l'obiettivo per Mussolini fu l'attacco alla Grecia, che il dittatore italiano decise di attaccare senza prima avvertire l'alleato tedesco. Al grido di "spezzare le reni alla Grecia" e dopo la promessa delle dimissioni da italiano di Mussolini nel caso le truppe italiane non fossero riuscite nell'impresa, fu lanciato l'attacco il 28 ottobre. Le divisioni italiane si trovarono ben presto in difficoltà davanti ad una resistenza inaspettata, e con un equipaggiamento arretrato ed inadeguato. Hitler si vide quindi costretto a inviare la sua Wehrmacht nei Balcani per risolvere in breve tempo la situazione. La mossa peraltro rimandò di qualche tempo l'invasione della Russia (Operazione Barbarossa), tanto che lo stesso Führer, qualche anno dopo, indicò questa occasione come una delle cause della futura sconfitta tedesca.
A seguito di questa esperienza, Mussolini perse l'iniziativa e continuò ad utilizzare l'esercito italiano come supporto all'alleato tedesco, inviando le sue truppe alpine in Russia.

Dopo che in maggio le ultime unità della Prima Armata italiana si arresero in Tunisia , il 10 luglio 1943 una formidabile forza d'invasione anglo-americana riuscì a sbarcare sulle coste sud della Sicilia. Ogni resistenza, che fu per quanto possibile accanita, si dimostrò vana di fronte alla preponderanza di mezzi alleata. Il re e lo stato maggiore capirono ben presto che ormai era ora di sbarazzarsi di Mussolini, che in soli 2 anni di guerra aveva creato una situazione insostenibile. Il 25 luglio, dopo lunghe pressioni, il Duce si vide costretto a convocare il Gran Consiglio del Fascismo che votando l'ordine del giorno Grandi portò alla destituzione e all'arresto di Mussolini e al ritorno dei poteri militari al re.
Levato di mezzo Mussolini, il governo italiano iniziò a trattare la resa con i comandi Alleati che ormai stavano dilagando in Sicilia. Il 3 settembre a Cassibile (presso Siracusa) Pietro Badoglio firmò segretamente l'armistizio con l'impegno di comunicarlo alla nazione entro 15 giorni, poco prima di un programmato sbarco alleato sulla penisola.
L'8 settembre 1943 avvenne in Italia qualcosa che riempì di vergogna la corona e il governo dell'epoca: gli alleati, dopo aver avvisato Badoglio dell'impossibilità della difesa di Roma, ingiunsero l'obbligo al governo italiano di annunciare l'armistizio entro le 18.30 dello stesso giorno poiché era già stato programmato uno sbarco a Salerno. La paura iniziò ad attanagliare i vertici del paese, che arrivarono addirittura a pensare di fingere una rottura con gli anglo-americani per guadagnare tempo con i Tedeschi. All'ora prestabilita comunque Dwight D. Eisenhower annunciò alla radio l'armistizio, seguito alle 19.42 da Badoglio che concluse il comunicato con l'ambiguo verso: «Ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.». Soprattutto quest'ultima frase, seguita dalla fuga di Badoglio e della monarchia da Roma alle 5 del mattino del 9 settembre, furono gli atti che portarono al caos che seguì quel giorno, dove nessun ordine ufficiale fu impartito, lasciando le unità sparse un po' dovunque per tutto il territorio europeo senza direttive chiare, alla mercé dei Tedeschi che ovviamente non presero per niente bene il voltafaccia degli ex alleati italiani.

Nell'Italia del sud liberata dagli Alleati e formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, ripristinando - per quanto possibile - l'ordinamento pre-fascista. Contemporaneamente Mussolini, liberato dalla prigionia dai tedeschi su ordine di Adolf Hitler, dette vita ad uno stato fantoccio nell'Italia settentrionale. Si trattava della Repubblica Sociale Italiana, fondata a Salò in provincia di Brescia e riconosciuta internazionalmente solo dalla Germania nazista e dall'Impero giapponese.
Per oltre due anni, dal 14 novembre 1943 fino al 25 aprile 1945, la penisola fu quindi divisa in due da una linea di confine non ben definita: una linea che continuò a spostarsi nel sempre più a nord durante il corso del conflitto, fino a che l'esercito tedesco non si ritirò completamente dal suolo italiano.

La Repubblica Sociale Italiana nacque dal Congresso di Verona, dove i vecchi gerarchi del partito fascista si riunirono per ricreare il partito distrutto dopo l'8 settembre. Essenzialmente dal congresso uscirono: un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; un manifesto programmatico che sancì la struttura del nuovo stato; la nascita della Repubblica sociale che prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente e riaffermava l'alleanza con la Germania nazista.
La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo i principi iniziali del Fascismo repubblicano persi, a detta degli estensori della Carta stessa, durante il ventennio fascista; tra questi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche.
Venne anche costituito un esercito, spesso male armato, composto da reclutati a forza (pena di morte per i renitenti) e da un limitato numero di volontari. Comunque, tranne che in sporadiche occasioni, tali forze armate, in cui i comandi tedeschi non riponevano alcuna fiducia, furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento di resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall' esercito nazista.

La situazione per i tedeschi verteva comunque al peggio. La Wehrmacht era ormai in ritirata su tutti i fronti e, nonostante gli sforzi di difesa sulla Linea Gotica, i rifornimenti e l'equipaggiamento non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quello degli alleati, che potevano anche contare sul apporto delle truppe partigiane e sulla collaborazione della popolazione che era avversa all'occupazione nazista.
Tutte le principali città italiane furono abbandonate dai tedeschi davanti all'avanzata anglo-americana ed all'insurrezione generale ordinata dal CLN; i comandi nazisti in Italia decisero di trattare autonomamente la resa per assicurarsi una ritirata sicura verso la Germania. Nel frattempo Mussolini, dopo il tentativo di un accordo parallelo, decise di aggregarsi ad una colonna tedesca per raggiungere la Germania. Fermato da un gruppo di partigiani nei pressi di Como fu imprigionato e quindi giustiziato insieme all'amante Claretta Petacci e ad altri gerarchi. Gli altri gerarchi fascisti vennero processati e imprigionati, o addirittura giustiziati. Con la Costituzione Italiana del 1948 il Partito Nazionale Fascista venne messo definitivamente fuorilegge e la sua rifondazione fu vietata. Per anni dopo la fine della guerra si registrarono omicidi e regolamenti di conti tra fascisti e antifascisti, come vendetta per tutto quello che accadde durante il ventennio precedente.